10 mostre per rinfrescarsi | Babelia

“Fernando Vijande”, 1983, di Andy Warhol.
Andy Warhol

Warhol & Vijande, appuntamento a Madrid

Museo Lázaro Galdiano. Madrid. Fino al 25 luglio.

Un abbonamento anni Ottanta dell’EMT di Madrid firmato da Andy Warhol: può esserci cosa che sia allo stesso tempo più scandalosa, più Freddoulteriore cutrelux? Luce in mezzo cimeli di questa memorabile mostra da camera. Commemora la leggendaria visita di Warhol a Madrid nel 1983 per inaugurare la mostra Pistole, coltelli e croci nella Galleria Fernando Vijande: un piccolo pezzo di microstoria che fa parte anche della Storia con la maiuscola, perché segnò simbolicamente, tanto quanto l’ingresso nella CEE o il primo governo socialista, il cambiamento profondo di una Spagna che si scrollava di dosso forfora dopo quattro decenni di franchismo.

L’abbonamento dell’autobus deve essere stato firmato imperterrito da Warhol a qualche fan fatale durante la tremenda conferenza stampa tenuta alla galleria, un vecchio garage riconvertito nel quartiere di Salamanca che era stato inaugurato con una mostra di Costus. Insieme a quello di Juana de Aizpuru o La Maquina Española, servì da quadrante della nuova modernità artistica che si stava sperimentando in Spagna, ben oltre il tempo delle giacche di velluto a coste, dei baffi e delle canzoni di protesta. “Più Bowie che Brel, più Duchamp che Picasso, più Deleuze che Freud”, come sintetizza Armando Montesinos, che all’epoca lavorava alla galleria.

Vijande ha fatto bene le cose: si è accordato con Warhol per la visita di Madrid e l’esposizione di nuove opere, senza rimaneggiamenti, e ha promesso di vendere o trattenere tutte quelle serigrafie di armi e croci che allo stesso tempo invocavano e parodiavano le essenze eterne dell’arte. Movimento spagnolo (i coltelli, i crocifissi) con una battuta che praticavano anche i giovani degli anni Ottanta e l’Almodóvar dei primi film. Ce n’è uno che conserva il Reina Sofía e il suo ritratto di Warhol, ma la cosa più succosa ovviamente è la mitologia orale recuperata (l’intervista a Pitita Ridruejo, le feste di Hachuel o Manolín March con il più grandioso ritorno di fiamma madrileno e quella ancora oggi vengono ricordati) e le foto d’epoca: la fauna di Rock-Ola di Miguel Trillo o quelle di Tere Nieto, che documentano la surreale congiunzione della parrucca argentata warholiana davanti al rancido Alcázar di Toledo. Meno male che lo fece: 40 anni dopo confermano che non si trattava di un miraggio. JAVIER MONTES

Maggiori informazioni: Il giorno in cui Warhol portò la modernità in Spagna: “Era come se Dio ci visitasse”

‘Das (a Inger Christensen)’, 2008/2009, di Silvia Bächli.Serge Hasenböhler

Silvia Bächli: Spartiti

Centro Botin. Santander. Fino al 20 ottobre.

Una partitura in otto movimenti in formato espositivo. Un’artista che si chiama Silvia Bächli (Baden, 1956). Un museo, il Centro Botín. E una sequenza di disegni appesi a diverse altezze che, stanza dopo stanza, aggiungono significato nel loro persistente accumulo.. Il risultato è una mostra eccellente, la prima grande monografia dell’autore svizzero nel nostro Paese, e ricca di sorprese. Ad esempio, l’installazione Tu dai, che Bächli ha portato al Padiglione svizzero della Biennale di Venezia nel 2009, lavora su carta con superfici colorate che vanno dal traslucido all’opaco. O il murale che ha firmato con Eric Hattan, accanto a tavoli disposti come un puzzle. Un manifesto del suo modo di intendere il disegno, pieno di deviazioni e spostamenti, dove Bächli è il compositore e noi spettatori gli interpreti. SPECCHIO BEA

“Zattera”, 2011, di Patricia Dauder. Errore di ferro

Patricia Dauder: Unform

Artium. Vittoria. Fino al 29 settembre.

Pazienza e osservazione definiscono la tabella di marcia di Dauder (Barcellona, ​​1973), artista di rigore radicale e resistenza. Come se fosse un’etnologa, i suoi progetti si concentrano sullo studio del passare del tempo e delle tracce che lascia sui paesaggi naturali ed emotivi, dando vita a opere legate a resti, erosione e rovine. Disegni, filmati, oggetti e fotografie sempre aperti al processuale. Da qui il titolo di questa mostra, ricca di alcuni dei suoi ultimi lavori, ma soprattutto di diverse materialità, saggi fortuiti e corrispondenze culturali che parlano di un paesaggio più mentale che fisico, nonché di un’indagine sulle possibilità del vedere e del rappresentare oltre l’immediato. ESSERE.

'Pensativa', 1935, di Rosario Velasco.
‘Pensativa’, 1935, di Rosario Velasco. Museo Thyssen

Rosario de Velasco

Museo Thyssen-Bornemisza. Madrid. Fino al 15 settembre.

Twitter lo ha riportato in vita e ora spetta al pubblico e alle istituzioni rendere definitiva questa rinascita. Dopo un fruttuoso appello sulle reti che ha portato alla localizzazione di centinaia di suoi dipinti e disegni, Rosario de Velasco (Madrid, 1904-Barcellona, ​​​​1991) è protagonista di una monografia che mira a restituire il tempo perduto a questa pittrice che ha trionfato nel Anni ’30 e poi cadde nel buco nero dell’oblio. Falangista, fervente cattolico e anche moderno, De Velasco attinge al primo Rinascimento per realizzare un’opera basata sulla robustezza dei volumi e delle linee. La sua eredità è pari a quella degli artisti europei del Ritorno all’Ordine, un movimento tra le due guerre ispirato all’antichità classica. SILVIA HERNANDO

Maggiori informazioni: Rosario de Velasco, il pittore dimenticato del ’27, resuscita al Thyssen

Veduta della mostra María Blanchard al Museo Picasso di Malaga.
Veduta della mostra María Blanchard al Museo Picasso di Malaga.
Gesù Dominguez

Maria Blanchard. Pittore nonostante il cubismo

Museo Picasso Malaga. Fino al 29 settembre.

María Blanchard (Santander, 1881-Parigi, 1932) è considerata una delle principali rappresentanti del cubismo, quell’arte determinata a rompere definitivamente con la tradizione, ma, come difende il titolo di questa retrospettiva, fu pittrice nonostante quella tendenza. Anche se la storia insiste nel ricordarla solo per quel primo tratto della sua carriera, che sviluppò nella Parigi delle avanguardie con l’amico Juan Gris, continuò a creare per tutta la sua vita e lo fece attraverso la figurazione, affrontando preoccupazioni senza precedenti nella sua epoca. che vengono oggi posti al centro del dibattito pubblico e restituiscono una validità che mai avrebbe dovuto essere perduta: temi come la cura, l’infanzia e la tenerezza. SH

Maggiori informazioni: In soccorso degli artisti d’avanguardia spagnoli

Veduta della mostra di María Luisa Fernández 'Blood in Gold', al Musac di León.
Veduta della mostra di María Luisa Fernández ‘Blood in Gold’, al Musac di León. IMMAGINESFCC

Maria Luisa Fernandez

Musac. Leone. Fino al 13 ottobre.

María Luisa Fernández ha iniziato la sua carriera nel 1979 come metà del collettivo del Comitato di Vigilanza Artistica insieme a José Luis Moraza. Alcuni degli ideali da loro perseguiti, come la critica al tessuto artistico e l’interesse per ciò che si trova ai margini, continuano ad essere presenti nelle sculture e nei disegni che l’artista presenta ora al MUSAC di León con il titolo sangue in oro. Figura dimenticata e recentemente recuperata della nuova scultura basca, Fernández ritorna in questa mostra su alcune serie fondamentali della sua carriera per aggiungere loro nuovi livelli di interpretazione. In fondo, la sua pratica è sempre consistita in questo: creare significati che lasciano sostanza e si ramificano. SH

'Toro (Stier)', 2020, di Martha Jungwirth.
‘Toro (Stier)’, 2020, di Martha Jungwirth. LISA RASTL

Marta Jungwirth

Guggenheim Bilbao. Fino al 22 settembre.

Pur essendo uno dei protagonisti della particolare rinascita delle arti viennese nel dopoguerra, l’artista rimane relativamente sconosciuto in Spagna. Forse per la sua predilezione per il disegno? A causa del confine labile tra figurazione e astrazione? Per una difesa del colore che eviti ascrizioni tematiche e stabili nel tempo? Tutte queste domande sono oggi i punti forti di una retrospettiva accessibile e ben misurata. Attraverso 70 opere è possibile comprendere una visione pittorica che registra, come un diario, gli avvenimenti storici e il canone artistico. JUAN GALLEGO BENOT

Veduta della mostra 'La potenza con cui saltiamo insieme', presso l'IVAM.
Veduta della mostra ‘La potenza con cui saltiamo insieme’, presso l’IVAM.

La potenza con cui saltiamo insieme

IVAM. Valenza. Fino al 21 luglio.

La seconda ondata di femminismo colpì l’Europa negli anni Sessanta, anche se arrivò in Spagna e Portogallo, impantanati nelle rispettive dittature, solo quasi un decennio dopo. I nomi delle artiste iniziarono a farsi sentire con grande forza in questi paesi, anche se in molti casi i critici evitarono di commentare la politica di genere nelle loro opere e loro stessi non vi fecero esplicito riferimento. Patricia Mayayo e Giulia Lamoni riuniscono all’IVAM un ampio elenco di artisti per dimostrare la relazione che esisteva nei processi femministi e artistici di entrambi i paesi, per difendere una lettura storica tipica dell’Europa meridionale e per contestualizzare alcuni artisti che sono già ricevendo l’attenzione di istituzioni, come Eva Lootz, Elena Asins o Aurèlia Muñoz. JGB

Maggiori informazioni: In soccorso degli artisti d’avanguardia spagnoli

'Modena Parade / Corteo Modenese', 2022, di Jordi Colomer.
‘Modena Parade / Corteo Modenese’, 2022, di Jordi Colomer.
JORDI COLOMER

Jordi Colomer. Façana Foto Festa Futur Fideus

MACBA. Barcellona. Fino al 23 settembre.

Era in lista d’attesa da anni. Il MACBA ripercorre infine la carriera di Colomer (Barcellona, ​​1962), uno degli artisti più internazionali degli ultimi decenni, nonostante gli omaggi non siano stati abbondanti nelle istituzioni spagnole. Non si tratta di una tipica retrospettiva, ma di un incontro casuale con le sue opere passate e presenti, che solitamente oscillano tra poli opposti come realtà e illusione, centro e periferia, o cultura alta e bassa. Dalle sculture in legno, pietra e gesso degli anni Ottanta ai video realizzati negli ultimi anni collettivamente con cittadini anonimi, passando per le sperimentazioni con la fotografia, collage o azioni dal vivo, la mostra ripercorre una produzione multiforme e disomogenea, ma sempre geniale e attuale. ALEX VICENTE

Veduta della mostra 'Le Vacanze di Franco', al Museo Bòlit di Girona.
Veduta della mostra ‘Le Vacanze di Franco’, al Museo Bòlit di Girona. Carles Palacio e Berta

Vacanza con Franco. Le mie estati nella Spagna franchista.

Bolit. Girona. Fino al 6 ottobre.

Nel 1951 sbarcò in Spagna il milionesimo turista, mentre a Madrid arrivò il primo ambasciatore statunitense dopo la Guerra Civile. Sarebbe l’inizio di un’alleanza tra turismo, dittatura e capitalismo che segnò una svolta decisiva nella storia spagnola del XX secolo. Questa mostra curata dall’artista Monika Anselment, berlinese residente sulla Costa Brava, esplora il boom turistico spagnolo con una proposta inedita. Sulla base dei propri documenti come foto e cartoline, una serie di artisti tedeschi, da Annette Riemann a Jörg Zimmer, realizzano un lavoro plastico e concettuale per ritornare a quegli anni in cui Franco voleva imbiancare il regime con la crema solare e l’inizio di una un’industria di massa che porterebbe sia ricchezza che distruzione. Felice estate. A. v.

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