Vhäldemar “Santuario della Morte” (2024)

Vhäldemar “Santuario della Morte” (2024)
Vhäldemar “Santuario della Morte” (2024)

Vhäldemar Sono una band che non ha bisogno di presentazioni per gli appassionati dell’Heavy Metal nazionale. I loro oltre vent’anni di incrollabile carriera sono una garanzia sufficiente che chiunque nel mondo ne abbia sentito parlare di volta in volta. Una storia di lotta e determinazione che la maggior parte dei gruppi ispanici non è stata in grado di emulare, poiché, per raggiungere i capitoli felici della storia, almeno in questo paese, bisogna passare troppi anni a seminare nell’ombra.

Dopo aver presentato il suo precedente “Dritto all’inferno”, e dopo aver trascorso quasi tre anni in tournée in quasi ogni angolo della penisola, esibendosi anche in Giappone, quelli di Barakaldo pubblicano un nuovo esempio di ciò che sanno fare meglio. Power Metal molto veloce e furioso che, senza sorprendere, li riafferma come pilastri nazionali del genere.

Apertura al galoppo con “Il figlio del diavolo”, Vhäldemar Espongono già in prima mano, quali sono le carte con cui intendono mettere KO l’ascoltatore. Ritmo misurato, un ritornello potente che i migliori Gamma Ray avrebbero potuto firmare e un assolo stratosferico del maestro Pedro J. Monge. La stessa formula che hanno perfezionato per anni e che è senza dubbio legata alla loro stessa essenza come band. Uno di quei tagli che sarà venerato dai suoi fedeli.

In modo molto simile, ma permettendo a Cribas di brillare un po’ di più nella sua voce, “Dreambreaker” sarà un altro dei pilastri delle sue future esibizioni dal vivo. Un’altra canzone furiosa, ideale da cantare tra metallari gemelli, capace ancora una volta di tenere testa ai grandi totem del Power Metal internazionale. Un nuovo inno che può essere classificato come il gioiello assoluto dell’intera opera.

Modifica della registrazione, Vhäldemar Abbassano i giri e offrono una martellante lezione di Heavy Metal chiamata “Deathwalker”. Una lezione coerente che lascia il terreno sapientemente spianato alla title track dell’intero album, “Sanctuary Of Death”, per mostrare ancora una volta tutto il potere che possiedono questi ragazzi di Baracaldes. Qui è doveroso soffermarsi a citare il grande duello in solitaria che Jonkol e Pedro combattono con i rispettivi attrezzi.

Tralasciando l’epica solenne che “Forevermore” racchiude, troviamo al centro destra dell’album un taglio così innegabilmente pesante che la band stessa lo ha battezzato “Heavy Metal”. L’immediato retrogusto classico che sprigiona ci porta per mano verso un altro dei punti più alti dell’album. Un “Old King’s Visions (Pt VII)” in cui la band si muove come un pesce nell’acqua e centra ancora una volta la formula vincente di cui sopra.

Quasi senza rendercene conto, ci imbattiamo nella grande sorpresa che racchiude questo santuario della morte, un “Fratelli” in cui Cribas dà la sua voce a Raul e Vhäldemar Sembrano trasformarsi nella Forza Ascendente dei tempi di Joe Lynn Turner. Un brano strepitoso che, pur essendo puro heavy metal, mostra un lato completamente opposto a quello che la band solitamente mette in mostra. Dopo il cambio del terzo, “The Rebel’s Law” ci riporta improvvisamente a quella filosofia “to death” che Vhäldemar così orgogliosamente Honda.

L’opera saluta con un senso strumentale che lascia il tempo di riflettere su quanto abbiamo masticato e in cui il maestro Monge dimostra che la sua maestria sulle sei corde va ben oltre la velocità sul manico. È un modo molto carino di concludere un album che lascia un sapore incredibile in bocca e che consolida, un po’ di più, l’importante ruolo che Vhäldemar nella storia del panorama statale. Una storia forgiata da determinazione, qualità e Heavy Metal.

 
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