Daniel Casablanca e la prima di “Mordisquito. Non me lo dirai” | Andrà in onda martedì alle 22:30.

Daniel Casablanca e la prima di “Mordisquito. Non me lo dirai” | Andrà in onda martedì alle 22:30.
Daniel Casablanca e la prima di “Mordisquito. Non me lo dirai” | Andrà in onda martedì alle 22:30.

Furono solo 39 notti, ma di una potenza che ancora si ricorda dopo più di 70 anni. Quella manciata di monologhi -profondo, lucido, semplice quanto tagliente- che nel programma radiofonico ha difeso le idee e le politiche del governo peronista Penso e dico quello che penso Sono passati alla storia come ritratti popolari di un’epoca di grandi trasformazioni e tensioni nel Paese. Quei monologhi scritto ed eseguito da Enrique Santos Discépolo alla radio El Mundo nel 1951, parlando a “Mordisquito”, quel personaggio immaginario “contrera” e “avversario” del governo che promuoveva tutti i tipi di diritti al popolo fu l’ultima creazione di un artista popolare incommensurabile. Quei mesi di esposizione politica di Discepolín prima della sua morte sono ciò che ritrae Roditore. Non me lo diraila serie di fiction che lui Martedì 21 Dopo la trasmissione della partita tra Brasile e Argentina per le Qualificazioni, andrà in onda in anteprima su TV pubblica.

Attore, regista, drammaturgo, poeta popolare e paroliere, Discépolo fu un artista che seppe essere vicino ai sentimenti della classe operaia argentina. Quella sensibilità sociale che coltivò in tutto ciò che intraprese lo portò a scrivere grandi testi di tango, come “Cambalache”, “Yira yira”, “Uno”, “Cafetín de Buenos Aires”, “Qué vachaché” e “Malevaje”, tra le altre canzoni popolari. Intellettuale affermato, però, verso la fine della sua vita fu incoraggiato ad accettare, non senza esitazione, la proposta fattagli nel giugno 1951 da Raúl Apold, sottosegretario alla Stampa e alla Radiodiffusione del primo governo peronista: scrivere e eseguire monologhi per la radio in cui rivendicava le politiche pubbliche a favore dei più sfollati e discuteva della visione sepoy ed elitaria dell’oligarchia argentina. Il risultato è stato “Me lo dirai?”, lo spazio che ha costruito all’interno del ciclo Penso e dico quello che penso che veniva trasmesso ogni sera su radio El Mundo.

Per tutto sei capitoli, Roditore. Non me lo dirai Racconterà tutta la trama personale e politica che si nasconde dietro quei monologhi in cui parla con buon senso e convinzioni a Mordisquito, quel personaggio immaginario che ha inventato nel bel mezzo della campagna presidenziale del 1951 per difendere le politiche attuate dal peronismo. Con sceneggiatura di Ana Da Costa, Santiago Larre e Mariano Mucci, quest’ultimo anche alla regia insieme a Martín Russola finzione lo è con Daniel Casablancache si mette nei panni di Discépolo, personaggio che ha interpretato nel suo personale per tre stagioni Discepolín, fanatico di Arlecchino e che aspira a tornare nel 2024. Carlos Portaluppi, Leticia Brédice, María Ucedo, Enrique Dumont e David Masajnik Completano il cast della proposta che mostrerà il rapporto di Discépolo con il peronismo, la sua lotta contro l’oligarchia, la sua musica e i suoi amori.

“La fiction racconterà un momento molto specifico della vita di Discépolo, cioè dal momento in cui il sottosegretario ai media di Perón, Apold, gli propone di fare alcuni monologhi alla radio all’ora di cena e la sua morte, appena sei mesi dopo, ” racconta Casablanca Pagina 12, sulla finzione Andrà in onda ogni martedì alle 22:30.. “È un periodo particolare perché accetta di fare quei monologhi, a un certo punto si ammala e torna in onda pochi giorni prima delle elezioni. Perón dirà che vinsero le elezioni del 1951 grazie a Mordisquito, il personaggio anonimo e antiperonista che Discépolo cerca di convincere. È un momento molto ricco e molto interessante nella vita di Discépolo, perché vediamo l’artista, il cittadino politico, che confronta la moglie Tania con la possibilità di andare in Messico per riconoscere un figlio che ha avuto e che non avrebbe mai potuto incontrare. perché la morte lo sorprese alla fine di dicembre. “È un momento molto tragico nella vita di Discépolo”.

Il cast di Mordisquito. Non me lo dirai.

-Cosa significa Enrique Santos Discépolo per la cultura e l’identità argentina? E per voi?

-Discépolo è un personaggio emblematico della cultura argentina. È molto conosciuto soprattutto per i suoi tanghi “Cambalache”, “Uno”, “Yira yira”… Incredibilmente, lo si ricorda per le sue canzoni; Penso che fosse un grande poeta ma non era un musicista. È come se fosse stato davvero un incidente o una coincidenza il fatto che fosse diventato famoso con i tanghi. Di professione era principalmente un attore e scriveva opere teatrali, dirigeva spettacoli teatrali. Al momento della sua morte stava eseguendo un’opera teatrale scritta, diretta e interpretata da lui. Questo aspetto di Discépolo scompare perché innanzitutto “il teatro è scritto nell’acqua” e sono rimasti pochissimi film. Quindi, ciò che è stato culturalmente catturato maggiormente è il vivido ricordo dei suoi tanghi, che continuano ad essere ascoltati ed eseguiti oggi. Nella stessa miniserie compaiono interpretati da artisti di oggi.

-Pensi che la visione di Discépolo come artista sia caduta nel crack politico?

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-Questo è un problema. La stessa crepa in cui si è immerso per difendere un progetto nazionale negli ultimi mesi della sua vita lo ha portato a rimanere intrappolato in un pensiero politico, che è molto minore rispetto a ciò che intende come figura culturale argentina. Le vicissitudini politiche del Paese hanno fatto sì che il suo personaggio sia stato a volte difeso, a volte messo in discussione, e che oggi non sia realmente pienamente riconosciuto come uomo di cultura. Discépolo fu uno dei fondatori di Sadaic e difensore della proprietà intellettuale degli artisti argentini all’estero, perché qui si cantavano i tanghi e quando viaggiava vedeva che si suonavano in Francia, in Spagna, in Messico, e che gli artisti non guadagnavano un peso per la sua musica all’estero. Fu un progresso per quanto riguarda la protezione intellettuale degli artisti argentini. È un personaggio molto completo e non così conosciuto come dovrebbe essere. È ottimo che la TV Pubblica sappia riconoscere questa figura affinché le nuove generazioni ma anche le vecchie generazioni lo conoscano più pienamente. È una gioia totale realizzare questo progetto.

-Sono ancora validi quei monologhi? Esiste oggi una risignificazione di quei testi – scritti più di 70 anni fa –?

-I monologhi di Modisquito, quei monologhi di 5, 4, 3 minuti che faceva ogni sera alle 21 quando tutti ascoltavano la radio a cena, hanno una validità agghiacciante oggi. Ti afferreresti la testa, Discepolín, guardando questo momento. L’unico problema rispetto ai 70 anni trascorsi da quando faceva quei monologhi è che si tratta di editoriali su fatti di cronaca specifici del giorno, della settimana, del mese, di quegli anni. Alcuni potrebbero restare vecchi o decontestualizzati, perché danno per scontati dati che oggi non tutti conosciamo. Ma togliendo questo, tutte le grandi questioni, come la possibilità di decidere su un modello di paese o su un altro, sono presenti in loro come adesso. Discépolo è sempre stato all’avanguardia: il suo pensiero rimane contemporaneo e moderno. È fantastico.

I monologhi di Discépolo sono una difesa delle politiche peroniste. Nella storia argentina, il peronismo è un movimento di evocazione inevitabile, per i suoi militanti ma anche per i suoi detrattori. Fa parte dell’attuale conversazione pubblica, nonostante il passare del tempo. Perché ritieni che il peronismo sia – almeno discorsivamente – un riferimento inevitabile nella politica argentina?

-In un’intervista a Discépolo, gli hanno chiesto dei detrattori che si è guadagnato facendo “propaganda peronista”. Lui ha risposto che non aveva preferenze per un partito, che quello che aveva era memoria e che difendeva quel momento storico perché ricordava le persone tristi e sofferenti precedenti. Discépolo ha parlato oltre il peronismo, ha parlato della miseria che aveva visto da giovane, da piccolo, e che per la prima volta ha riconosciuto un governo che si prendeva cura degli ultimi e che risolveva loro le cose. Discépolo non riusciva a capire che c’era gente che non lo vedeva, perché non era una promessa del 1951, no. Lo ha visto accadere ed è stato questo a commuoverlo, quella trasformazione. Già oggi potremmo parlare di peronismo, di Perón ed Eva Perón, come momento storico. Capiamo che non è lo stesso mondo, non è lo stesso Paese. Io dico: si può dire “sono sanmartiniano”. Sì, va bene, perfetto, ma è già un riferimento storico e non una bandiera politica. Continuiamo a discutere sul modello da seguire nel Paese. E la verità è che quella è la crepa che dobbiamo superare. Enrique è morto avvolto in quella crepa, che oggi è anche strappata dal suo asse, ma che continua ad esistere. E la verità è che il nostro Paese dovrebbe saper saltare, in modo che del 70-80% il modello del Paese non si sposti più, non si muova più, perché altrimenti è molto difficile crescere.

-Quindi la serie intende concentrarsi sugli ultimi mesi di vita di Discépolo, con maggiore visibilità politica, ma per continuare a pensare all’Argentina?

-Mi sembra che Discépolo sia una figura che ci porta a riflettere su tutti i fronti, rispetto al fanatismo, rispetto agli estremi, per poter invertire oggi quel primo peronismo, capirlo, capire Buenos Aires e il paese del Anni ’50. . L’intento principale non è abbassare la linea di un partito ma capire un momento del Paese, rifletterci sopra, e penso che questo sia possibile su una TV Pubblica. È un progetto molto, molto bello che spero piaccia al pubblico, così come a noi è piaciuto realizzarlo.

 
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