The Palace (2024), recensione – Il film vede il più giocoso Roman Polanski che vuole imitare Wes Anderson, ma niente può salvarlo dal cataclisma

The Palace (2024), recensione – Il film vede il più giocoso Roman Polanski che vuole imitare Wes Anderson, ma niente può salvarlo dal cataclisma
The Palace (2024), recensione – Il film vede il più giocoso Roman Polanski che vuole imitare Wes Anderson, ma niente può salvarlo dal cataclisma

È la seconda cosa peggiore che Roman Polanski abbia fatto nella sua vita, e perché ha lasciato l’asticella molto in alto

Tutti i grandi registi hanno opere minori. È normale, Fa parte del ciclo creativo e sono consapevoli, come noi, che col senno di poi nessuno giudicherà Steven Spielberg per ‘1941’, Martin Scorsese per ‘Il treno di Bertha’ o Roman Polanski per questo ‘The Palace’. Ma è comunque affascinante vedere come un castello di carte, che lo spettatore presume essere perfettamente allestito, cade al rallentatore, finché non resta che la distruzione più assoluta, l’encefalogramma appiattito, un abissale deserto di idee. Forse inizi a percepirlo, ma no, non sono uscito per niente felice da ‘The Palace’. E non sono l’unico.

Le cose a palazzo stanno andando lentamente

Guardando ‘The Palace’ si ha l’impressione che a Polanski sia piaciuto ‘The Grand Budapest Hotel’ e pensa che sia piaciuto anche a lui è stato capace di raccontare magistralmente un film di folli storie crossover in un hotel e che, inoltre, è legato al “mangiare i ricchi” di film come “Il triangolo della tristezza”. Il problema è che non è Wes Anderson o Ruben Östlund, né sa rendere moderno un argomento che sembra tratto da una facile commedia di decenni fa.

In effetti, le trame sembrano prese da un sequel diretto al video di “Una notte da leoni”, dialoghi supportati che mancano di senso dell’umorismosottigliezza e, insomma, qualcosa che indica che dietro lo schermo c’è un regista che sta dietro una macchina da presa da quasi sessant’anni e che ha vinto l’Oscar, il Golden Globe e una Palma d’Oro. Polanski non si vede né si aspetta attraverso un filmato completamente perduto, privo sia di affetto che di padronanza audiovisiva.

Direttore voleva mettere in scena una commedia pazzescama non sa trovare il tono giusto, tra l’ingenuo e l’apparentemente teppista, quindi lancia trame allo spettatore nella speranza che una finisca per rimanere attaccata: un cane con problemi intestinali, un vecchio ricco che dà un pinguino per la giovane moglie, un figlio illegittimo alla ricerca del padre (che lo rifiuta), un gruppo di russi che vogliono spartirsi il bottino… Una sciocchezza nel senso peggiore, in cui l’unica cosa chiara è l’intenzione di Polanski di criticare i costumi e i modi di chi possiede denaro. Ma senza la rabbia e l’urgenza necessarie affinché la denuncia vada a buon fine. In effetti, non puoi fare a meno di far emergere questa affermazione nel modo più crudo possibile.

È più: Se ‘Il Palazzo’ non fosse un’opera di Polanski, probabilmente non ne parlerei nemmeno adesso. È un film assolutamente fuorviante, quasi amatoriale, come un’opera prima sfuggita di mano a un regista alle prime armi che voleva coprire molto più di quanto fosse capace di realizzare. Attenzione: non è spiacevole né passerete comunque un brutto momento. È semplicemente un vaudeville caduto in rovina, una casa di guai in cui è impossibile trovare una goccia del ritmo e della cinematografia di “The Devil’s Seed”, “Chinatown” o “The Officer and the Spy”. Ed è un peccato.

Circondato di stelle, ma stellato

‘The Palace’ potrebbe non essere il fantasy costellato di stelle che i film di Wes Anderson sono diventati negli ultimi tempi, ma vedrai ancora John Cleese, Fanny Ardant e Mickey Rourke tra il cast di personaggi in attesa dell’arrivo dell’anno 2000. Proprio così: l’occasione per parlare di “effetto Y2K” non viene persa in così tante occasioni da far credere che sarà il leitmotiv del terzo atto. E invece no: con disappunto ci rendiamo conto che si tratta solo dell’ennesima trama incompiuta della sceneggiatura, che inizia come la tipica commedia d’albergo, introducendo uno per uno i personaggi che apparentemente ci faranno ridere, e finisce per lasciarne la metà in sospeso. Al regista non importa, nemmeno agli attori e, ovviamente, al pubblico ancor meno.

C’è una terribile mancanza di archi narrativi dei personaggi e di caos controllato che avrebbero aggiunto colore al film, ma, tutto sommato, alcune gag nel film funzionano più o meno, anche se per mero accumulo. In particolare c’è un omaggio a ‘Quest’uomo morto è molto vivo’ che mi ha fatto ridacchiare in colpa e uno scatto finale che mi ha lasciato in uno stupore impossibile da credere. Se questa è l’ultima immagine della carriera di Polanski, ovviamente, lui ha deciso di andarsene ribaltando la situazione con uno schiaffo della mano e dando un pollice verso all’industria.

Se questo era ciò che Polanski intendeva, lo ha raggiunto: ‘The Palace’ è un film fallito, sia tecnicamente che, utilizzando abominevole CGI e colore digitale, come artisticamente, dove nulla sembra essere in un unico posto, creando un pasticcio assurdo, un classico pasticcio in cui manca la coerenza della trama e dove i personaggi soffrono di una dolorosa mancanza di carisma ed evoluzione. È il peggior film dell’anno? No, certo, ma sì una delusione profonda e insipida che non raggiunge nessuno dei suoi obiettivi…Se ce ne fossero, in primo luogo.

A Espinof:

 
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