Un libro torna all’ombra del giorno in cui Maradona “si tagliò le gambe”

L’immagine, registrata su un VHS di dubbia qualità, è facilmente reperibile su YouTube. Lì lo si vede, seduto sulla poltrona di un corpo nella hall di un hotel a Dallas, in Texas. Maglione bianco, capelli corti e curati, pelle abbronzata, palpebre notevolmente biancastre a causa dei riflettori televisivi. Alla sua destra, Adriano Paenzadivenuto anni dopo un divulgatore della matematica, lo intervistò per Canale 13. Chi parla, a denti stretti e con gli occhi vitrei, è il più umano degli dei, come seppe battezzare Eduardo Galeano. Il ragazzino di Fiorito, l’eroe dell’86 e l’idolo popolare indiscusso.

Diego Armando Maradona Aveva ricevuto, forse, il colpo più duro di tutta la sua carriera sportiva. “Mi sono preparato molto bene per questo Mondiale. Mi sono preparato come non mai”, ha ripetuto guardando il pavimento, forse ricordando quel gran gol contro la Grecia all’esordio. Sarebbe stata la sua ultima esperienza in Coppa del Mondo e sembrava che sarebbe finita nel peggiore dei modi. Ancora una volta, il fantasma della droga lo perseguitava. Ma questa volta imprecò e imprecò fino a piangere Non aveva assunto farmaci.

E licenzierà una frase, come tante altre da lui immortalate, che resterà nella storia: “Non voglio drammatizzare ma credetemi, mi hanno tagliato le gambe.. Non sono scappato per la droga. Ho corso per il mio cuore e per la mia maglietta. Nient’altro”.

Dall’altra parte della televisione, tra i milioni di argentini incollati alla trasmissione che piangevano accanto al loro idolo, c’erano due bambini. “Avevo 5 anni quindi non ho ricordi di quel momento”, racconta Cultura Clarín Martín Olivé. L’altro, Gonzalo Penasdalle sette alle otto, ricorda: “Ho divorato la rivista Grafico. Ricordo che la sera prima che arrivasse a casa il numero con la famosa copertina che diceva “La Verità” e che si occupava del caso doping di Diego, arrivò la notizia dell’ultima ora: c’è un positivo al doping in Argentina e si vociferava che fosse Diego. Io e il mio vecchio ci siamo guardati. Ho capito che era un disastro”.

Giornalisti e appassionati di calcio

Oggi, tre decenni dopoentrambi i bambini sono diventati adulti, giornalisti e tifosi di calcio si sono riuniti per rivisitare quegli eventi testimonianze, ricerche e tanto materiale d’archivio sia nazionale che internazionale.

È così che è nato Il giorno in cui ci tagliarono le gambe. Edito digitalmente e autogestito, il libro ripercorre i momenti precedenti al doping di Diego, sommati alle ripercussioni e ai ricordi di diversi personaggi dello sport, dell’arte e della cultura che se ne vanno da Eduardo Longoni, il fotografo che catturò quella famosa cartolina della “mano di Dio” ai Mondiali dell’86, excalciatori come Jorge Vivaldo o Alberto Márcico e giornalisti che hanno coperto l’evento, come Ezequiel Fernández Moores.

In questa foto d’archivio del 25 giugno 1994, la stella del calcio argentino Diego Maradona, a destra, lascia il campo per sottoporsi a un test antidoping. (AP Photo/Joe Cavaretta, file)

Fernando Signorini, storico personal trainer di Diego, che lo accompagnò in quella preparazione a La Pampa, in mezzo al nulla, che Rocky Balboa, mesi prima dei Mondiali del 94, scrive nel prologo: “Sentivo che, come sempre, il potere lo aveva strumentalizzato, lo aveva usato così molte volte prima che accadesse. Fino a quando arrivarono in Argentina con i Mondiali in Messico e li portarono sul balcone della Casa Rosada. Ancora una volta il potere, indipendentemente da chi governava in quel momento, sfrutta il successo di questi bambini che, quando sono nei loro luoghi di origine, che sono i quartieri popolari, le baraccopoli, non solo li ignorano ma li disprezzano”.

“Il progetto è nato grazie a Salvatoril’ultimo album dei Green Day,” racconta Olivé Cultura Clarina dimostrazione di quella che è un’altra delle passioni che accomuna entrambi gli autori: punk rock. “Volevamo scrivere qualcosa insieme e Ci troviamo con l’anniversario del 30° anniversario dei Mondiali del ’94, che ricordiamo come una grande edizione, e anche il dolore per il doping di Diego. Abbiamo deciso di concentrarci su questo pensando ad una nota congiunta. Quando abbiamo visto tutto il materiale che avevamo abbiamo detto: questo è un libro», conclude Penas.

Per quanto riguarda il lavoro d’archivio, Penas confessa di essere un appassionato collezionista di riviste La Grafica, Obiettiviguide e integratori sportivi. “Ho un grande archivio di quella Coppa del Mondo. Una delle cose che più mi ha sorpreso è stata la rapidità con cui è successo tutto: Diego torna in Nazionale nell’estate del ’93 ma non gioca le qualificazioni. Guarda dalla tribuna la storica sconfitta per 0-5 contro la Colombia e il pubblico lo applaude. Pochi giorni dopo, ha firmato con il Newell’s e ha giocato i playoff con l’Australia. Tutto in una manciata di mesi. “Quella era la sua vita”, dice.

Olivé era incaricato di contattare i giornalisti stranieriuna delle maggiori attrazioni del libro: Sono incluse le testimonianze di corrispondenti da Australia, Grecia, Nigeria, Bulgaria e Romania..

E prosegue: «Sono rimasto sorpreso, leggendo i giornali e parlando con i giornalisti, dall’incredulità davanti alla notizia. Bulgari e rumeni fino all’ultimo momento credevano che Diego avrebbe finalmente giocato. Erano altri tempi, anche le notizie si muovevano con un ritmo diverso”.

Riguardo a quest’ultimo paese, è curioso quello che dicono di George Hagi, la sua figura più grande, che aveva affrontato Diego ai Mondiali del 90 e voleva la sua vendetta: “Per Hagi affrontare Maradona era una questione d’onorevoleva un altro duello diretto per mostrare a lui e al mondo di cosa era capace”, scrivono.

Teorie cospirazioniste

Approfondiscono anche le teorie del complotto che vengono ravvivate da molte delle testimonianze intervistate e lo stesso Signorini lo inserisce nel prologo. C’è stata una mano nera contro Maradona? Joao Havelange, brasiliano, presidente della FIFA, c’entra qualcosa? C’entrava don Julio Humberto Grondona, poi consacrato vicepresidente della massima entità del calcio mondiale?

“C’era l’idea che l’Argentina dovesse essere allontanata perché da un giorno all’altro era diventata una seria candidata al titolo e l’idea di allontanare Diego per il confronto con quello spagnolo che aveva consumato la stessa sostanza nel Mondiale dell’86. Nel libro di Alejandro Wall e Andrés Burgo (L’ultimo Maradona) è spiegato così Anche l’appello dell’argentino è arrivato tardi. “Come interpreti l’idea di pensare di aver assunto una sostanza non consentita e di essere in ritardo con l’appello con l’idea del complotto?”, si chiede Penas.

Gonzalo Penas e Martín Olivé sono gli autori di Il giorno in cui ci tagliarono le gambe.

“Come ci ha detto Signorini, Grondona, che era il presidente della delegazione che presentò un giocatore che doveva essere squalificato per doping, è stato insignito della vicepresidenza della Fifa. Oggi non sapremo più esattamente cosa sia successo.”dice Olivé.

Di pari passo con il ricordo del doping, la famosa frase “Mi hanno tagliato le gambe” e L’ultimo Mondiale di Maradona In terra nordamericana nasce un altro parallelo, con altri spigoli, legato all’altro più grande idolo del calcio che oggi sta conducendo uno dei cicli più vincenti della storia della Nazionale argentina: Anche Lionel Messi disputerà la sua ultima Coppa del Mondo negli Stati Uniti nel 2026?

Gli autori sono incoraggiati a ipotizzare e evidenziare le differenze: “Messi ha dichiarato che non vuole giocare il prossimo Mondiale. Vedo difficile. Non lo vedo simile perché Diego è arrivato al Mondiale dopo una squalifica e la partenza da Napoli, dovendosi preparare fisicamente perché non aveva giocato. D’altra parte Messi, se giocasse il Mondiale, lo farebbe mentre giocava nell’Inter Miami”, chiarisce Olivé.

I rigori corrispondono e aggiungi una somiglianza: “Se vorrà giocarsela, lo giocherà, non ci sono dubbi nella mia mente. Voglio dire, in questo senso è simile al caso di Diego. Se avrà voglia di giocarci, farà tutto il possibile perché ciò accada. Spero di giocarcela.”

Odore di trama

Dopo aver appreso la triste notizia, con l’odore di un complotto che fluttuava nell’aria, L’eliminazione della squadra guidata da Coco Basile poteva essere vista alle porte. Quella squadra, due volte campione d’America e rimasta imbattuta in 31 partite tra il 1991 e il 1993 fino a essere superata da Scaloneta, perderà nella prima fase contro la Bulgaria e saluterà vincendo 2-3 contro la Romania di Hagi. essere eliminato agli ottavi.

Oggi, trent’anni dopoil ricordo del capitolo più tragico della storia calcistica e personale di Diego Armando Maradona viene rivisitato in modi diversi.

“È il ricordo più triste che ha questa città calcistica. –Sentenza Olivé–. Né l’eliminazione del 2002 né la debacle di Svezia 58 possono essere paragonate perché non è l’eliminazione dai Mondiali che non conta più: è l’impatto dell’attacco a Diego. E’ una spina nel fianco dei tifosi argentini. “Ciò continua a far male, soprattutto perché non si poteva fare nulla per difenderlo dopo che aveva difeso così tanto questo Paese e la sua gente”.

“C’era una spina in tutto ciò che il biancoazzurro e il bianco significano per Diego. Anche se poi è tornato al calcio – nientemeno che al club dei suoi amori, il Boca Juniors – e un’intera generazione, me compreso, si è divertito al massimo”, dice Penas, che Ricorda di aver seguito tutte le partite di quell’Apertura 95 a La Bombonera.

Espandi: “Quello veglia nazionale Si è trasformato in qualcos’altro, come il dolore trasceso. Culturalmente parlando, è interessante come diverse canzoni o scrittori, come Galeano, ritraggono Maradona. Gli sconfitti Penso a canzoni come ‘Maradó’, di Los Piojos o ‘El francotirador’, di Attaque 77. Penso che sia perché gran parte della società vi si riflette. Dicono: è un Dio che sbaglia, che ha il suo lato oscuro”.

Gonzalo Penas basico

  • Ha una laurea in Scienze della Comunicazione (UBA) e un insegnante.
  • È coautore di RW. Rodolfo Walsh nei fumetti (Uccidi il messaggero, 2016). Ha pubblicato le poesie Decongestionamento (Ediciones La Parte Maldita, 2011) e Notifiche (Ícara Poesia, 2018).
  • Come giornalista ha lavorato in modo indipendente in pubblicazioni grafiche e digitali, in radio e televisione. Attualmente realizza il podcast ascoltato di recenteuna storia dell’underground attraverso la musica.

Martín Olivé basic

  • È Tecnico Superiore in Giornalismo Sportivo (Deportea).
  • È coautore di Non camminerai mai solo: la rivoluzione di Klopp a Liverpool (Libro sul calcio, 2020).
  • Da quattordici anni lavora a diversi progetti indipendenti di grafica, radiofonici e televisivi.
 
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