Cresce la preoccupazione in Giustizia per la mancanza di garanzie per lo svolgimento delle elezioni | Il CNE ha citato in giudizio il giudice Servini per i rinvii al Correo

Cresce la preoccupazione in Giustizia per la mancanza di garanzie per lo svolgimento delle elezioni | Il CNE ha citato in giudizio il giudice Servini per i rinvii al Correo
Cresce la preoccupazione in Giustizia per la mancanza di garanzie per lo svolgimento delle elezioni | Il CNE ha citato in giudizio il giudice Servini per i rinvii al Correo

La Camera Elettorale Nazionale (CNE) ha convocato il giudice questo giovedì Maria Romilda Servini per far fronte alla situazione derivante dalle migliaia di licenziamenti e pensionamenti volontari avvenuti al Correo Argentino. Come è noto, le Poste sono fondamentali nelle operazioni elettorali, al punto che vengono utilizzati 16.000 veicoli dell’azienda statale, una squadra enorme che ha esperienza in tutta l’operazione e partecipa gran parte del personale. “Se le elezioni si tenessero oggi, non potrebbero tenersi, perché La posta rappresenta il 70% del processo e tutti i personaggi storici se ne sono andati”, valutano i giudici elettorali. La questione è stata rivelata in esclusiva da Pagina 12 domenica e il governatore Axel Kicillof lunedì ha lanciato un avvertimento pubblico: “le elezioni del prossimo anno non sono garantite”. Anche il giudice elettorale della provincia di Buenos Aires ha espresso la sua preoccupazione, Alejo Ramos Padilla. All’imbrunire di questo giovedì, le Poste argentine hanno emesso un comunicato ufficiale in cui si afferma che “ci sono garanzie assolute che i compiti che corrispondono ai futuri atti elettorali saranno adempiuti”, ma la verità è che la situazione solleva enormi dubbi.

I giudici Alberto Dalla Via, Santiago Corcuera e Daniel Bejasi membri della Camera, hanno avuto uno scambio di opinioni con Servini, che è giudice elettorale, e al termine dell’incontro hanno pubblicato un comunicato con due specifiche risoluzioni:

*”La direzione dei servizi postali elettorali era tenuta a riferire sull’impatto della ristrutturazione sull’organizzazione della logistica dei processi elettorali.”

*”È stata convocata la Commissione di gestione della giustizia elettorale nazionale, composta da giudici e segretari di tutto il Paese per condividere le impressioni sulla situazione nelle rispettive giurisdizioni”.

Le Poste contavano circa 16.000 dipendenti. Tra cassa integrazione e pensionamenti volontari sono già 5.000, ma non è detto che il taglio riguarderà 7.000, lasciando un solo stabilimento su 9.000. Le Poste smentiscono queste cifre, dicendo che attualmente hanno 13.600 dipendenti, ma è curioso che menzioni questa cifra perché recentemente il governo è orgoglioso che i licenziamenti e i pensionamenti siano stati 5.000. Inoltre la chiusura degli uffici è stata pubblica perché non è rimasto un solo dipendente. Secondo le versioni raccolte da questo giornale, tutti gli alti funzionari con esperienza in materia elettorale sono stati esclusi dalle Poste, il che mette a rischio la capacità di organizzare le elezioni.

L’ufficio postale porta le 110.000 urne elettorali nei 17.000 seggi elettorali, alcuni in luoghi remoti raggiungibili solo con muli o barche. Non bisogna portare solo le urne, ma anche le schede di ciascun partito, la modulistica e tutto il materiale necessario. L’anno scorso sono stati utilizzati anche degli schermi per consentire votazioni diverse nella stessa stanza buia. Le Poste sono anche quelle che organizzano i telegrammi in cui vengono postati i risultati e poi elaborati la notte delle elezioni. Infine, fa tutta l’operazione di rimozione delle urne e di trasporto nei luoghi dove verrà effettuato lo spoglio finale. Tutto questo, realizzato in modo efficiente dal 1983, è ciò che giustifica che le Poste prendano il 70% del budget per ogni elezione.

C’è un ulteriore dettaglio: la legge stabilisce espressamente che sia l’Ufficio Postale Ufficiale, cioè l’azienda di punta, a dover effettuare tutte le operazioni. La legge non prevede un processo di privatizzazione del processo, ma solo di alcune parti – il software di elaborazione dati, per esempio – che vengono appaltate dalle Poste.

Nel comunicato diffuso giovedì pomeriggio dalle Poste si legge che “le Poste hanno 13.600 dipendenti e lo svolgimento delle elezioni coinvolge 76.000 persone. L’ufficio postale assume personale temporaneo”. In altre parole, ciò che suggerisce è che gli ex dipendenti che se ne sono andati, dove la chiave sono i tecnici, potrebbero essere assunti per le elezioni. Ovviamente si tratta di un’ipotesi senza possibilità di verifica.

C’è un altro ingrediente menzionato dai giudici elettorali di tutto il Paese. Non solo vedono che i funzionari gerarchici che conoscono il processo elettorale se ne sono andati, ma che molti uffici postali stanno chiudendo, il che solleva anche questioni logistiche come dove verranno lasciate le urne. La sensazione è che conti solo ridurre il budget, senza alcuna pianificazione: non si valuta chi se ne va e come ciò incide sul futuro. In questo quadro, la realtà è che le Poste sono in deficit, ma hanno una sola attività in surplus: le elezioni. Ridurre senza capo né coda, come accade in tutta la gestione di Javier Milei, non solo è gestito in modo disumanizzato, ma anche inefficiente.

La preoccupazione riguardo alla giustizia elettorale si basa anche su un altro dato di fatto: il governo di Javier Milei non rispetta il bilancio e probabilmente farà dei tagli che impediranno l’operazione. Un esempio è quello Non sono ancora stati liberati i fondi per coprire le spese del dibattito Milei-Sergio Massa dell’anno scorso.

 
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