Cade una banda di narcotrafficanti guidata da “El Nayo”, legata alla dinamite 11-M

Sciopero della Guardia Civil contro una banda di narcotrafficanti guidata da “El Nayo”, uno dei trafficanti condannati per l’operazione “Pipol” e che, prima degli attentati dell’11-M, aveva già messo in guardia dal traffico di esplosivi nella regione. È stato proprio dopo della strage jihadista perpetrata con la dinamite Mina Conchita quando José Ignacio Fernández Díaz, “El Nayo”, fuggì – prima che si celebrasse il processo “Pipol” – e rimase latitante per un decennio a Santo Domingo, dove cadde nel 2014 dopo una rapina in macchina.

Dopo la sua estradizione in Spagna un decennio dopo, è stato condannato nel 2015 a sette anni di carcere per possesso di esplosivi e traffico di droga, insieme a Emilio Suárez Trashorras e Antonio Toro, con i quali ha fatto affari e ha mantenuto una stretta amicizia. Secondo quanto appreso da EL COMERCIO, è stato nuovamente arrestato nell’ambito di una macro operazione di polizia che ha portato al sequestro di diversi detenuti e di almeno dieci chili di cocaina.

L’indagine è tenuta sotto stretto segreto e nei prossimi giorni sono attesi nuovi arresti. A quanto pare si tratta di un gruppo criminale dedito all’introduzione di droga nelle Asturie e che operava principalmente da Gijón e Avilés. Avrebbe collegamenti anche fuori regione. Le indagini continuano a raggiungere i livelli più alti possibili della rete criminale, una delle più attive nella regione negli ultimi tempi.

Modulo cinque

José Ignacio Fernández Díaz è un detenuto preventivo nel modulo cinque del centro penitenziario delle Asturie. Il giudice ha raccolto la sua deposizione e, alla luce delle prove fornite da Benemérita e della cocaina sequestrata, ha ordinato che fosse incarcerato, informato e senza cauzione.

“El Nayo” aveva già scontato i sette anni che gli erano stati imposti nel carcere asturiano per la sua partecipazione all'”Operazione Pipol”, preludio agli attentati dell’11-M. Questa indagine condotta nel 2001 dal Gruppo Narcotici della Polizia Nazionale di Gijón è servita a mettere in allarme per la prima volta quello che si è rivelato essere un mercato nero di esplosivi da cui si rifornivano i terroristi jihadisti che tre anni dopo perpetreranno il più grande attentato. nella storia recente d’Europa, con 202 morti.

Nel complotto per il traffico di droga e dinamite c’erano poi 20 imputati, tra cui Toro e Trashorras, condannati per gli attentati rispettivamente a 4 anni e 34.715 anni. “El Nayo” dell’operazione “Pipol” è stato accusato di possesso illegale di 16 cartucce Goma-2 e 94 detonatori, rinvenuti in un garage di Avilés. Lì venne arrestato insieme all’amico Antonio Toro nel luglio 2001. Rimase in carcerazione preventiva (come è adesso nell’ultimo caso) fino al dicembre 2002 e fu in quel periodo che raccontò agli agenti dell’esistenza di un complotto di vendita di dinamite. Le loro informazioni sono state contrassegnate come “passive” dagli agenti.

Come lui, anche il testimone protetto Francisco Javier Lavandera, il marocchino condannato per 11-M Rafa Zouhier e un’altra quarta persona, anch’egli testimone protetto, hanno denunciato l’esistenza di questo mercato nero di esplosivi guidato da Toro e Trashorras. Tutto cadde nel vuoto finché non fu commesso il massacro di Madrid.

Nel 2004, già libero dalle accuse in attesa del processo contro “Pipol” e dopo aver appreso degli attentati di Madrid, “El Nayo” fuggì nella Repubblica Dominicana. Il processo per complotto di spaccio di droga e possesso di esplosivi si è svolto per il resto degli imputati e con lui nella perquisizione e cattura. Fu solo nel 2014 che fu arrestato a Santo Domingo per aver rubato un’auto. Tale arresto ha fatto scattare l’emissione del mandato di arresto e di estradizione in Spagna.

Nel 2015 si è seduto sul banco degli imputati per il processo che aveva avuto luogo quasi un decennio prima per i suoi amici. Ha riconosciuto davanti al presidente del tribunale dell’ottava sezione del tribunale provinciale, il defunto Bernardo Donapetry, le accuse contro di lui e ha accettato una condanna a sette anni. Ora è tornato in carcere per atti simili, ma questa volta senza esplosivi.

Droga dal Sud America

Le indagini sulla Benemérita, che durano da diversi mesi, continuano e si svolgono in segreto sommario e le persone finora detenute in carcere per evitare di distruggere le prove. A quanto pare, il gruppo della droga si dedicherebbe all’introduzione della cocaina proveniente dal Sud America, con collegamenti con gruppi galiziani con i quali organizzava gli scaricamenti.

#Argentina

 
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