La società del 21° secolo è visiva. Ogni giorno vengono create e trasmesse una moltitudine di immagini. Molte di queste immagini non sono affatto innocenti: trasmettono un messaggio ben preciso che la società comprende, interpreta e accetta, normalizzandole e diffondendole in modo massiccio. Senza quasi riflettere sulle sue implicazioni e senza notevoli interrogativi critici.
Questo è ciò che accade con le immagini utilizzate nella pubblicità dei profumi femminili. L’affermazione è solitamente l’uso di immagini di donne idealizzate (giovani donne caucasiche, che rispondono a un canone di bellezza normativa e idealizzata, belle donne dove bionde con occhi chiari, nasi piccoli, labbra carnose, con proporzioni equilibrate nel viso, a cui dobbiamo aggiungere un corpo alto e magro). L’intenzione è quella di trasformare il soggetto femminile in un oggetto del desiderio, proprio come la bottiglia stessa. La donna e il contenitore del profumo si imitano a vicenda, mantenendo talvolta anche un’enorme somiglianza fisica nelle forme e nei contorni. Normalizzando questa risorsa pubblicitaria si ottiene l’accettazione sociale dell’oggettivazione femminile. La donna trasformata in bottiglia è, allo stesso tempo, oggetto e soggetto del desiderio.
Questa immagine delle donne presenti nella pubblicità dei profumi è direttamente correlata agli antichi archetipi femminili. Principalmente Lilith e Afrodite, dea mitologica dell’Olimpo.
La dea dorata e seducente
Afrodite (Venere), dea dell’amore e della bellezza, è il mito pagano più rappresentato ed esemplifica l’ideale dell’amore e della bellezza. Viene utilizzato, ad esempio, nelle campagne pubblicitarie dei profumi. J’adore, di Dior, con protagonista l’attrice e modella Charlize Theron, che appare trasformata in una dea irraggiungibile e seducente con caratteristiche associate ad una bellezza normativa e idealizzata attraverso un’estetica identificata con la razza caucasica. Viene quindi proiettata e diffusa un’immagine irreale di ciò che dovrebbero essere le donne, escludendo altri gruppi etnici.
Oltre alle caratteristiche iconografiche che si possono osservare, come capelli dorati o abiti simili a quelli in uso nel mondo classico, il riferimento all’episodio mitologico di La nascita di Venerein cui Afrodite (Venere) nasce dalle acque, precisamente dal mare.
La donna ribelle
In contrasto con l’immagine idealizzata di Afrodite, in cui predominano il bianco e l’oro, troviamo la personificazione di un altro archetipo, dai colori nero e viola, quello di Lilith. È la rappresentazione della prima moglie di Adamo, la ribelle, colei che lascia il paradiso per diventare la madre di tutti i demoni.
Lilith la peccatrice, quella associata alla lussuria, viene spesso rappresentata nelle pubblicità dei profumi come a donna fatale. Le principali caratteristiche di Lilith – e, per estensione, del donna fatale– sono il suo sguardo perverso e la sua bellezza uniti alla malvagità. Come elementi iconografici può apparire accompagnato da un serpente o da un felino. Vediamo un chiaro esempio di questo archetipo nella pubblicità interpretata dall’attrice Monica Bellucci per promuovere il profumo Hypnotic Poison di Dior.
Consuma la pubblicità senza metterla in discussione
Nello studio “Rappresentazione iconografica delle donne nella pubblicità dei profumi” insistiamo sul fatto che gli esseri umani vivono immersi in una società visiva in cui la maggioranza delle donne non mette in discussione l’immagine che viene offerta di loro. Al contrario, tendono a cercare di riprodurre queste immagini stereotipate.
Se le donne stesse accettassero quell’immagine e provassero a riprodurla, ci troveremmo di fronte ad una manipolazione visiva che le sottopone attraverso immagini irreali e irraggiungibili. Pertanto, è necessaria una decodificazione delle immagini femminili che permetta loro di essere lette da una prospettiva critica che metta in discussione alcuni archetipi e stereotipi femminili per contribuire all’uguaglianza di genere, bandendo l’oggettivazione delle donne.