Buon film di guerra che racconta una storia che vale la pena conoscere

Buon film di guerra che racconta una storia che vale la pena conoscere
Buon film di guerra che racconta una storia che vale la pena conoscere

Il cinema di guerra non potrebbe essere completamente lo stesso dopo i primi 27 minuti di Salvate il soldato Ryan. La migliore sequenza di guerra, per quanto crudamente realistica, nei 129 anni di storia del cinema. Talmente straziante e travolgente da danneggiare, in qualche modo, il resto del film: è impossibile mantenere questa tensione intollerabile (è fondamentale vederla e sentirla sul grande schermo) per tutta la durata del film. Ma ho detto che il cinema di guerra non era più del tutto lo stesso perché, come genere cinematografico consolidato, continuava a produrre opere già Non potevano ignorare quei 27 minutima non ha nemmeno dovuto rinunciare a una tradizione che, diciamo, è tra il testimonial e l’avventuroso (quando non sfruttando spettacolarmente, sì, con intelligenza, violenza e crudeltà come ha fatto il maestro dell’eccesso Robert Aldrich con un’altra svolta del genere: dodici del patibolo) che dal muto ha prodotto una manciata di capolavori e centinaia di film di grande valore, alcuni più convenzionali ed altri meno.

È in questa direzione che nasce questo bel film di guerra diretto da un eccellente artigiano che ha debuttato nel lungometraggio Tornando a casa (2015), un film che si potrebbe definire del dopoguerra che trattava del difficile reinserimento nella vita civile di un combattente in Afghanistan, per poi toccare, sempre correttamente e talvolta con notevole successo, la suspense (Estate inoltrata2016), il melodramma familiare (Gilet Rett2017), il poliziotto (I fuorilegge2019), la biografia (sgranocchiare2020) o il terrore (Possesso2022).

Il convoglio artico Ha le qualità dei migliori film di guerra artigianali. Il primo, divulgare azioni eroiche poco conosciute (con poca o molta finzione), come è stato fatto Gli eroi del Telemark (film che apprezzo particolarmente perché è l’ultimo completato dal grande Anthony Mann) con l’attacco della resistenza norvegese agli impianti del Telemark per fermare l’avanzata nazista per ottenere la bomba atomica. Lo ricordo tra tanti altri per affinità territoriale, da allora Il convoglio artico Ha anche il solitario come tema lotta contro i nazisti del Marinai mercantili norvegesi che, come i membri della resistenza, si ribellarono contro l’invasore, ignorando la codardia del loro governo collaborazionista.

L’episodio storico che questo film racconta è quello della convogli articile flotte che tra il 1941 e il 1945 partirono da Stati Uniti, Regno Unito e Islanda per portare armi, equipaggiamenti e viveri alle truppe sovietiche, navigando dall’Atlantico all’Artico per raggiungere i porti russi di Arcangelo e Murmansk, evitando la mine e di fronte alla marina e all’aviazione tedesca.

La seconda qualità di questo film è raccontare la storia di uno di questi eroici mercantili norvegesi con un contenuto, stile serio e, nel senso migliore del termine, convenzionalealternando cioè il dettaglio che moltiplica il rischio della missione – la decisione del capitano norvegese di proseguire dopo la dispersione del convoglio e la perdita della protezione delle navi da guerra – con lo studio della Rapporti tesi tra l’equipaggio per le differenze di temperamento e di carattere, aggravate dalla situazione di rischio in cui si trovano a confrontarsi il capitano e coloro che, insieme al suo secondo in comando, ritengono di dover ritornare in porto perché privi di protezione; e gli attacchi al convoglio ben filmati, perché lo spettacolo e l’eccitazione del combattimento sono una parte essenziale di questi film

A tutti i livelli – divulgazione storica di un fatto degno di nota, tensione drammatica nell’universo claustrofobico e minacciato della nave, studio dei personaggi, scene d’azione e interpretazioni – Funziona bene questo film sobrio, divertente ed efficace che mette in risalto l’eroismo in una guerra giusta.

 
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