“In questa società razionale c’è ancora spazio per la magia”

“In questa società razionale c’è ancora spazio per la magia”
“In questa società razionale c’è ancora spazio per la magia”

“Così tante migliaia di discendenti che si sono insediati e se ne sono andati, cancellando da soli, con sempre maggiore velocità, le tracce dei loro antenati, perfino dei loro nonni e genitori.” Questo è ciò con cui si confronta l’Uomo del Fiume, un essere mitologico abitanti di remote città colombiane cercano di spiegare la scomparsa di diverse donne. In quel territorio che “è casa di uno solo che ha vissuto mille anni” il racconto di I revenant (Alfaguara, 2023), il nuovo romanzo del giornalista, professore universitario e scrittore colombiano Óscar Godoy.

Il vincitore del Premio Ñ-Ciudad de Buenos Aires 2019 utilizza le fantastiche credenze che si raccontavano attorno ai fuochi, la ricchezza della tradizione orale e i “racconti dei vecchi” per intrecciarli con la vasta realtà della violenza compiuta da uomini nei furgoni che distruggere la tranquillità, il terrore dei massacri e l’intimidazione del reclutamento forzato.

Con questa intenzione, Godoy accompagna l’ispettore Daniel Valencia a scoprire che ciò che è veramente mostruoso dietro le sparizioni è una società che soffocava le parole degli anziani e cambiava i paesaggi e dove, oggi, pforze ed eserciti, dispositivi meccanici e gabbie su ruote, minacciano di estinguere la vita ancestrale.

Siamo un Paese di persone scomparse. A che punto è nata l’idea di ribaltare questo problema dal punto di vista mitologico per creare questo romanzo e parlarne?

The Revenants è un titolo che sembra andare contro quella che da troppo tempo è una realtà nel nostro Paese. Ma è un titolo che allude alle apparizioni, a quegli esseri che emergono dall’ombra per spaventare o sorprendere. Questo romanzo però non si ferma qui, bensì crea un’atmosfera e delle circostanze in cui diventa possibile per questi esseri coesistere e intervenire, a modo loro, nelle realtà più crude del nostro tempo, e in questo modo la trama trova una svolta approccio che lo particolarizza nel panorama della nostra letteratura sul conflitto.

Quali letture, esperienze e voci hanno nutrito la scrittura di The Revenants?

Senza dubbio c’è un sottofondo di ricordi della mia infanzia a Ibagué, sempre accanto a persone (nonni, zii, genitori, amici) che raccontavano storie affascinanti, tradizioni orali che risuonavano nelle notti di luna, o attorno al tavolo della sala da pranzo o in i corridoi di una fattoria di proprietà della famiglia di mia madre. Ma sono anche ricche le letture di materiali di ogni genere (romanzi, racconti, cronache, testimonianze, documentari, film) sulla realtà di quella violenza che accompagna da tanto tempo il nostro Paese e che è stata qualcosa come una dolorosa ossessione. per me. In The Revenants confluiscono esperienze molto diverse, sia intime che del mio ambiente, come se avessi passato tutta la vita ad accumulare i materiali con cui è stato costruito il romanzo.

È nelle librerie Ti ricordi il mare, per il quale il giornalista economico e scrittore di Bogotà Óscar Godoy Barbosa ha vinto il Premio Ñ Ciudad de Buenos Aires 2019,

Foto:Foto: César Melgarejo. TEMPO

Il modo in cui intrecci miti e realtà (l’Uomo del Fiume e gli uomini dei camion) è molto interessante. Come hai lavorato narrativamente su questi due luoghi?

Questa è stata una delle grandi domande che hanno guidato il processo di scrittura di questo romanzo. L’intenzione era chiara fin dall’inizio: da tempo avevo l’idea, e la sfida, di scrivere una storia che si avvicinasse alle tradizioni orali in un modo diverso e desse loro validità nella Colombia di oggi. Cioè non restare nel racconto tradizionale, che c’è già stato salvato dagli studiosi delle nostre mitologie regionale, ma trascenderlo, andare oltre, proporre una storia in cui questi esseri abbandonano il loro posto abituale e si collegano in un altro modo con le realtà di oggi. La domanda successiva, ovviamente, era: quale mondo incontreranno questi esseri quando lasceranno i territori della leggenda, quando “appariranno” tra noi? La risposta è stata molto chiara: beh, con la Colombia di oggi, afflitta dalla violenza.

Dove o come è nato l’Uomo del Fiume?

Alcuni lettori hanno creduto di vedere nell’Uomo del Fiume il Mohán, altri l’Uomo Caimano ed altri ancora esseri mitologici con caratteristiche simili provenienti da varie regioni del Paese, e queste interpretazioni mi confermano che la decisione di configurare un personaggio diverso, anche se si nutriva di quelle tradizioni orali, era quella giusta. L’Uomo del Fiume che prende vita in questo romanzo ha una sua storia, soffre di solitudine e paura, cerca l’amore, è padrone dei propri codici etici, ha poteri e debolezze, si affida alla conoscenza popolare ma la trascende . Nasce da un meticoloso esercizio di costruzione, da mitologie che non lo erano più della scusa per andare oltre.

Interessante è anche il modo in cui il romanzo mostra quanto sia veramente mostruosa la società attorno al mostro del fiume. Come hai sviluppato il tuo lavoro narrativo per “umanizzarlo”?

Come risultato del lavoro sulla creazione del personaggio e del processo di scrittura stesso, sono rimasto sorpreso da quanto sia diventato profondamente umano. E in contrasto con esso, il ritratto della città in cui si svolge l’azione, dei suoi abitanti, degli uomini sui camion, È devastante. Chi è più mostruoso, quest’essere isolato e solitario, che può covare una violenza elementare ma implacabile, o chi non esita né ha freni per uccidere innocenti, torturarli, smembrarli e farli sparire? Questa è una delle grandi domande che il romanzo solleva.

Quale dei personaggi ha rappresentato per te la sfida più grande? Chi è il più vicino ai tuoi affetti?

Ogni personaggio rappresentava una sfida di scrittura. L’Uomo del Fiume, ovviamente, comportava un profondo sforzo di costruzione, dal suo passato al presente, dalle sue azioni ai suoi impulsi. Daniel Valencia, il giovane avvocato che finisce per stabilire il legame tra il mitico e il reale, e tra le realtà della grande città in contrasto con quelle di una città perduta nella nostra geografia, è un altro personaggio che doveva essere delineato con molta delicatezza. Un’altra grande sfida è stata Myriam, la ragazza che, pur apparendo molto piccola, diventa uno degli assi principali della trama. Ma forse i personaggi più vicini al mio affetto sono le due vecchiette: Chila e Bertica Bahamón mi hanno rubato il cuore con il loro coraggio, la loro capacità di affrontare le difficoltà, il loro buon umore e la sua voglia di vivere.

Óscar Godoy è direttore del Master in Creazione Letteraria presso l’Università Centrale.

Foto:per gentile concessione di Diego Mozo Escobar/U. Central

Il posto che dai ai narratori naturali è molto prezioso. Che posto hanno le “storie di vecchi” nel nostro Paese?

Questo è proprio uno dei temi che risuonano in The Revenants. Chila lo racconta e le figlie e i nipoti ascoltano, dapprima con un certo disprezzo, ma poi con crescente interesse. È il fascino della storia orale che incarna. Chila è una narratrice naturale e sa incantare con le sue parole. Non oso generalizzare su questo argomento, poiché il nostro è un Paese in cui convivono molteplici realtà, culture e tradizioni. In questi anni stiamo vivendo una valanga di digitale, di reti, di quelle tecnologie che travolgono anche noi fino a soppiantare altre forme di comunicazione umanama ho il sospetto che in molti luoghi del nostro Paese, in tante famiglie e ambienti diversi, ci sia ancora spazio per le “storie di vecchi”.

Come ci rapportiamo all’oralità in Colombia?

Chi è più mostruoso, quest’essere isolato e solitario, che può covare una violenza elementare ma implacabile, o chi non esita né ha freni per uccidere innocenti, torturarli, smembrarli e farli sparire?

Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente, a Ibagué negli anni ’60 e ’70, in cui l’oralità faceva parte della vita. Quando non c’erano i raccontatori, che erano sempre in giro, ascoltavo le telenovele radiofoniche, quella meraviglia in cui dalla radio uscivano solo le voci al servizio di una sceneggiatura e di una storia, ma tutto il resto è accaduto nella nostra immaginazione. Si potrebbe pensare che nella Colombia di oggi, nelle mani dei social network e di tanti gadget tecnologici che interrompono il dialogo, le tradizioni orali abbiano perso di presenza, ma non ne sono così sicuro. Ho il sospetto che ci siano ancora spazi per la conversazione, per storie raccontate tra famiglie o amici. Ogni famiglia, ogni gruppo sociale, ha le proprie tradizioni orali, le proprie storie che vengono evocate, ricostruite e gustate. Potremmo aver perso di vista le nostre leggende regionali, o vederle con una certa distanza e disprezzo, ma L’arte di contare è ancora valida. Per non andare oltre, vedo con grande interesse il fenomeno dei podcast, che sono storie raccontate in cui l’unica cosa che ci raggiunge è la voce. L’essere umano è un essere che comunica, che conta e che cerca di essere ascoltato. Confidiamo che questo tratto profondo della nostra natura non scompaia.

A cosa si può attribuire la progressiva scomparsa dei miti che ci hanno accompagnato come società per secoli?

Oltre a quanto accennavo prima, siamo costantemente bombardati dalla tecnologia, dai messaggi di rete, piace, i contenuti sempre più brevi e inconsistenti. In questo contesto le nostre mitologie regionali sono state spostate, dimenticate, disprezzate, sebbene siano ancora lì per chi vuole ascoltarle.

In The Revenants c’è anche una presenza costante di premonizioni. Qual è oggi il posto dei presagi nella nostra cultura?

Le premonizioni fanno parte della nostra vita quotidiana. Non importa quante tecnologie, non importa quanti social network, c’è sempre uno spazio nelle conversazioni per fare riferimento, ad esempio, ai sogni e al modo di interpretare ciò che quei sogni possono annunciare per la nostra vita. È curioso che dentro una società altamente razionale e nella tecnica, come nella nostra, c’è ancora spazio per la magia, il presentimento, la premonizione.

Che posto occupano i miti e le idee sugli esseri fantastici nelle nostre storie sulla violenza (e nel nostro modo di affrontarla)?

La maggior parte delle opere letterarie che si sono occupate della realtà del conflitto e della violenza lo hanno fatto con grande successo, a volte con crudezza, a volte con risonanze poetiche che fanno rabbrividire, ma nessuna, almeno tra quelle che ho letto, ha stabilito un rapporto tra questa violenza e il soprannaturale. È importante notare che il fatto di far interagire queste due dimensioni non mira a banalizzare le terribili realtà del nostro Paese. Al contrario, ho la sensazione che l’intervento del soprannaturale valorizzi e Fornisce uno sguardo molto acuto su chi siamo come società.

JUAN CAMILO RINCON
EL UNIVERSAL (MESSICO) – GDA

 
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