I confini dell’infelicità. Una recensione del libro di Alfonso Cruz “Principio di Karenina” | Novità di oggi

I confini dell’infelicità. Una recensione del libro di Alfonso Cruz “Principio di Karenina” | Novità di oggi
I confini dell’infelicità. Una recensione del libro di Alfonso Cruz “Principio di Karenina” | Novità di oggi

Afonso Cruz è uno scrittore, regista di film d’animazione, illustratore e musicista portoghese nato a Figueira da Foz nel 1971.

Foto: Alfonso Cruz

Una lettera d’amore di un padre alla figlia mai conosciuta, che svela abissi e somiglianze. Una storia d’amore che la paura rende impossibile. Una riflessione su chi siamo e cosa vorremmo essere. In Principio di KareninaAfonso Cruz, approfondisce l’umanità, i concetti più basilari di bene e male, nelle riflessioni sulla felicità e sull’amore.

Mentre esploriamo oltre le nostre radici, l’ignoto tende a sembrare un destino seducente e incerto. È naturale per noi avventurarci in altri mondi, allontanarci dai nostri luoghi d’origine, dalla routine familiare in cui siamo nati e cresciuti. Cercare l’opportunità di oltrepassare tutti i confini possibili è per noi un impulso inevitabile, anche quando significa lasciare alle spalle la fedeltà e le suppliche dei nostri cari che temono di perderci come un ricordo che svanisce tra gli addii. Nella nostra natura però c’è anche la ferma decisione di non superare certi limiti; di percepire il mondo esterno come un luogo selvaggio ed estraneo alla nostra civiltà. Questa dualità ci espone a una realtà rigorosa che rafforza un ciclo alternativo in cui la monotonia può essere vista come un’altra forma di felicità.

Il romanzo Principio di Karenina, scritto dal portoghese Afonso Cruz, ci presenta queste due visioni particolari di concepire il mondo limitato e illimitato come una confessione mortale. La narrazione scorre con naturalezza, costantemente diretta allo stesso destinatario, immersa nei viaggi delle sue origini. Descrive i due amori, uno deludente e l’altro clandestino e fugace, che non ha mai soddisfatto le aspettative. Affronta la paura innata di esplorare oltre i confini geografici percepiti come pericolosi e selvaggi, così come il dilemma di tradire tardivamente i principi imposti da un padre di ferme convinzioni. Menziona anche la dolce agonia di una madre che cerca di connettersi con il mondo attraverso la musica.

In quest’opera vengono sollevati numerosi paralleli che convergono e si contraddicono, si allontanano e, per valide coincidenze, si completano continuamente. Il narratore vive nel rispetto della tradizione inamovibile del padre, che decide di voltare le spalle al mondo e costruire la propria barriera attraverso il confino, dove esiste solo il paradiso della sua gente, sia nelle persone che nel territorio, per sé e per i suoi proprio, cioè la sua famiglia e i nativi della sua nazione.

Fin dall’infanzia, il narratore è sottoposto a questo rigore ed è costretto a preservare la memoria paterna in tutti gli aspetti. All’inizio lo fa con convinzione, sentendosi addirittura parte di quell’eredità. Non abbandona mai quei principi e trova soddisfazione nel mantenere i propri limiti, invece di ossessionarsi invano nell’abbandonare la sua terra natale ed esplorare nuovi orizzonti, cercando di imitare gli stessi tratti dei suoi genitori. In un certo senso, trova che la felicità sia completata dal desiderio di una tranquillità sovrana e ridotta.

Il tempo, che lo prende allo stesso modo della sua zoppia, goffamente e lentamente, e l’amicizia contraddittoria ma sincera con l’amico Due Metri – che il destino ha ingannato con una falsa grandezza corporea – lo costringono finalmente ad affrontare i suoi dilemmi interiori, anche se questo la vicinanza creerà una faida impossibile da risolvere tra i due amici.

Il suo primo amore – incarnato in Fernanda, la giovane farmacia, per la quale lotta fino alla morte contro un corteggiatore molto più dotato di lui – supera tutte le barriere che ostacolano i suoi limiti fisici ed emotivi. Tuttavia, ottenuto il trionfo desiderato, quando la conduce all’altare e forma la propria famiglia come aveva desiderato, si sente annoiato dalla presenza della moglie che viene diluita e volgarizzata davanti ai suoi occhi; La mancanza di passione riduce il loro sentimento ad un vago desiderio che a volte viene giustificato dal comune desiderio di avere un figlio.

Con l’arrivo di un’altra donna al suo forte avviene la vera trasfigurazione. È in quel preciso momento in cui ci si può aspettare tutt’altro che il seme dell’infelicità che sia capace di rompere l’alterità del quadrato, di formare un cerchio angosciante e pauroso. Questa donna, originaria della Cocincina, destabilizza l’impero del narratore e, con la tipica arte della tenerezza e della seduzione, risveglia istinti appassionati e malinconici. L’amore si sviluppa sotto lo stesso tetto dove vive con la moglie Fernanda. Gli incontri furtivi rafforzano un legame che a poco a poco li completa, ricreando quel reciproco bisogno di darsi la mano, di scrivere il destino che, capricciosamente, non si concentra su principi, ma su momenti immortalati attraverso frasi brevi ma profonde, sempre registrate nel taccuino contabile. .

Come risultato di questo amore fuggitivo, arriverà una figlia a modificare il ciclo generazionale e a disonorare la memoria familiare. Ma di questo il narratore si preoccupa poco, anche se non è liberato dallo scorrere del tempo che progressivamente lo avvolge nelle reti della passività, in un labirinto di confine. Rimanda assolutamente tutto e affida al domani la responsabilità di amare e il ritorno di quella donna in Cocincina diventa presto un evento remoto. Né le lettere ricevute con parole di assenza, né le promesse fatte prima della separazione, né il desiderio di incontrarsi di nuovo in quel luogo pieno di barbari, potevano vincere la passività di un uomo che vede come il suo paradiso si svolge in falsi dilemmi e slanci fugaci: quando si rende conto del tempo che è passato e di nuove disgrazie che, così come appaiono nell’opera di Tolstoj, assumono un aspetto diverso, sente finalmente l’impulso di esplorare l’ignoto, di esplorare il mondo così estraneo alla sua memoria e alle sue origini.

Di fronte a questo disagio, sappiamo che la sfortuna non conosce limiti, si presenta a noi in volti, momenti o coincidenze diverse, senza assumerla, senza volerla, spesso senza prevederla. Il narratore, aspettando la misericordia del tempo, prega per una magica riunione. Nella sua immaginazione poetica, osa definire le donne e il frutto del loro amore dopo tanti anni di assenza. Tuttavia, come ci mostrano l’inizio e gran parte del romanzo Anna Karenina, gli aspetti dell’infelicità differiscono dalla felicità ordinaria. Per abitudine o per preservare l’istinto umano, tendiamo a soffrire la sfortuna con maggiore devozione, arrivando fino a poetizzarla in lacrime e magnificarla in confessioni profonde e mortali, come suggerisce Afonso Cruz in diversi capitoli che potrebbero diventare frammenti dolore senza rabbia né rancore, dedito piuttosto ad una riconciliazione intimamente paterna.

Con la traduzione di Gabriela de la Parra Morales e le fotografie dell’autore stesso, Cruz presenta un’opera di confessioni e riconciliazioni autentiche, la cui voce in prima persona ci guida lentamente attraverso vari stati.

 
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