L’ex ministro della Salute di Entre Ríos ha parlato delle minacce e delle violenze esercitate dall’ex deputato Allende – Chajarí Digital

L’ex ministro della Salute di Entre Ríos ha parlato delle minacce e delle violenze esercitate dall’ex deputato Allende – Chajarí Digital
L’ex ministro della Salute di Entre Ríos ha parlato delle minacce e delle violenze esercitate dall’ex deputato Allende – Chajarí Digital

L’ex ministro della Sanità della provincia, Sonia Velázquez, ha fatto riferimento al caso avviato contro il segretario generale dell’Unione Personale Civile della Nazione ed ex deputato provinciale, José Ángel Allende, per violenza.

Per la prima volta ha parlato con un mezzo giornalistico e ha condiviso “Una questione di fondo” (Canale 9, Litoral) aspetti mai rivelati prima di quelle che furono le sue sofferenze di fronte alle minacce e alle angherie ricevute da Allende. Ha anche confessato la mancanza di solidarietà e il vuoto che gli era stato lasciato nell’amministrazione dell’allora governatore Gustavo Bordet.

Velázquez ha riferito anche che diversi legislatori giudiziari le hanno espresso solidarietà, ma in modo personale, perché avevano paura della violenza di Allende e condividevano la sua tristezza perché c’erano funzionari che le chiedevano “di fare quello che Allende voleva”, per calmarlo. Qualcosa che non ha mai accettato, nonostante i ripetuti attacchi subiti e che ha potuto porre un limite solo quando è riuscita a convincere il Dipartimento di Giustizia a stabilire un perimetro.

Quando ha deciso di denunciare il segretario generale dell’Unione Nazionale Personale Civile (UPCN) ed ex deputato provinciale, José Ángel Allende, cosa è successo al potere politico?

-Sarebbe necessario contestualizzare. Quando ho deciso di sporgere denuncia penale, avevo già attraversato un iter abbastanza lungo, quasi un anno, da quando ho deciso di sporgere denuncia. Aveva attraversato questo processo con varie situazioni basate su messaggi di testo, audio, chiamate, insulti. Non è stato nemmeno un singolo evento, c’erano diversi eventi che si stavano verificando quasi all’inizio dell’amministrazione. Quando ho iniziato l’amministrazione nel giugno 2017, quando sono stato chiamato a occupare il portafoglio ministeriale. Non solo con me, Allende ha chiamato i miei collaboratori che facevano parte del gruppo dirigente. Ebbene, era diventata una situazione piuttosto complessa riuscire a fare governance; gestione, in quel contesto. Penso che sia stato faticoso, una situazione faticosa che non potevo non gestire, ma portare avanti in termini di continuare a sopportare le istanze che avevo sopportato.

Quando decidi di dire “basta”, è lontano?

-L’ho denunciato all’incirca tra ottobre e aprile 2018. È stato dopo quell’intervento che ha avuto al Palazzo del Governo. Appare al Palazzo del Governo intorno alle 19:20 nell’ufficio del Palazzo del Governo. Lì appare fuori posto, in una situazione che prevedeva molte urla e minacce. Lì, in particolare, c’era una minaccia concreta che emerge anche dalle prove raccolte nel fascicolo di denuncia. È stata la situazione più difficile che ho dovuto affrontare, perché sentivo anche che non stavo avendo una conversazione normale con una persona allo stesso livello di conversazione e discussione, nemmeno. Altrimenti era una persona che mi stava di fronte, che mi urlava continuamente e che era completamente sconvolta… che in quel momento dovevo licenziare la direttrice dell’ospedale Colonia de Salud Mental de Diamante, Noelia Trossero. Voglio ricordare che era stato lui a denunciare le minacce all’epoca, quasi impadronendosi dell’istituto, per il quale ho un primo processo nei confronti dei membri del sindacato da lui guidato. Quindi, dopo quella situazione, che è stata davvero molto difficile, molto difficile per me, ero solo in ufficio, ero solo in quel momento, il personale se n’era già andato: la risorsa umana che lavorava con me e beh, ad un certo punto Mi alzo, prendo una brocca d’acqua e lo invito ad uscire. Mi avvicino alla porta, lo invito ad uscire e beh, più tardi quando se ne andò, uscì dall’ufficio, era in compagnia di Carina Domínguez (vicesegretaria dell’UPCN). L’unica cosa che ho fatto in quel momento è stata chiamare il nostro consulente legale e la verità è che ho iniziato a piangere. È stata una situazione molto difficile, come aver aspettato tanto tempo, che per me si è trasformato in una giornata lunghissima. E lì mi sono detto… o meglio, il giorno dopo… il giorno dopo, quando mi sono alzato, che sarei venuto al Palazzo del Governo per lavorare: farò rapporto. Era aprile. Ho informato il governatore in quel momento; Non in quel momento, il tempo è passato, in un caso ho avvisato il governatore, gli ho raccontato la situazione che stavo vivendo e gli ho detto che lo avrei denunciato. Voglio avvisare.

– Quale fu la reazione dell’allora governatore Gustavo Bordet?

-Ha detto… forse glielo avrei detto con più calma, non gliel’ho detto al momento della situazione che ho vissuto. Ho sempre usato parole più calme o più armoniose e forse lui l’ha presa come una conversazione. E lui ha detto, beh, “fai quello che devi fare”. Nient’altro. Passato il tempo, anche lui (Allende) continuò con la richiesta. Mi chiamava, mi mandava messaggi, mi mandava foto nelle prime ore del mattino.

– Foto di cosa?

-Immagini fotografiche. Ad esempio, le mie immagini istituzionali che ho realizzato in qualche evento istituzionale e lui mi ha inviato quelle immagini tramite SMS. E lui mi ha detto: “sei una persona senza valore”, “sei una persona senza valore”. Me lo disse così, ricordo quella parola che usò. Poi mi sono apparsi i diversi eventi istituzionali che ho tenuto. Ne ricordo uno all’ospedale di Nogoyá, al momento della consegna delle attrezzature. Si presenta con persone che erano con lui nel sindacato, nell’area politica e comincia a gridare in mezzo… da quando ero in conduttrice, parlando per la consegna istituzionale delle attrezzature che avveniva in quel momento al Ospedale San Blas. E così via.

– L’atto istituzionale ti ha interrotto?

-Sì sì sì. Ha interrotto l’atto; irruppe, piuttosto. Lui gridava e ovviamente non riuscivo a smettere di parlare e beh, qualcuno andava a buttarlo via o lo invitava, non so se era gentile. Ricordo che in quel momento dissi al direttore dell’ospedale, vai avanti e per favore lascialo andare o calmarsi, qualcosa del genere. E continuava con le sue imprecazioni, le sue grida e così via. Ricordo anche una tenda montata davanti al Palazzo del Governo. Prima di ciò, aveva mandato me e uno dei collaboratori dei funzionari, diversi collaboratori che lavoravano insieme, a dire: “Domani andremo a prendere la testa del vostro ministro”. E ha montato una tenda davanti al Palazzo del Governo. Ha messo una griglia, lì ha fatto i choripanes. In quel momento era al microfono e così via, faceva domande, ovviamente io non lo ascoltavo perché ero dentro l’ufficio, ma la gente che passava sul marciapiede o entrava nel Palazzo del Governo stava ascoltando cose che diceva su di me e sulla funzione che svolgeva al Ministero. In altre parole, ci sono stati molti eventi che si sono verificati in modo sistematico e anche con una certa coesistenza di funzionari che ad un certo punto mi hanno chiesto di fare quello che volevano. Quello che voleva era che licenziassi la direttrice dell’ospedale di Diamante, la togliessi dall’incarico, e con questo si sarebbe calmato. In altre parole, quando è successo ho detto, eccomi qui in una situazione in cui nessuno ferma questa persona, nessuno gli dà un punto di autorità e poi non mi lascia governare, ho detto riguardo al Ministero, Giusto? Perché oltre a questo dovevo anche essere molto attento, con una vigilanza permanente sulla gestione effettuata dagli ospedali. Ho avuto episodi che ho attribuito loro perché conosco la meccanica sindacale, come operano le meccaniche sindacali in un’istituzione, che mettono davvero a dura prova e minacciano la vita delle persone. Ed è quello che ho detto, beh, quello che sta succedendo è davvero grave. Ecco perché quando ne ho parlato non si trattava di vittimizzare me stesso, ed è per questo che fino ad oggi non avevo ceduto a nessun mezzo giornalistico, cosa che sto facendo con voi, perché non volevo distrarre nemmeno la governance. E ho detto, i cittadini di Entre Ríos hanno bisogno che il loro ministro gestisca con armonia e con grande forza per poter continuare a garantire il diritto alla salute della popolazione.

–E come funzionava la solidarietà politica? Al di là di chi gli diceva: “fai spazio a quello che ti chiede, così te lo taglia”. Ti sei sentito accompagnato oppure ti sei sentito immensamente solo?

-E la verità è che ci sono state, da un punto di vista esterno, da parte del femminismo, della rete dei consiglieri giustizialisti, di alcuni legislatori nazionali, espressioni pubbliche di solidarietà. Ma, all’interno del gabinetto, il gabinetto ovviamente ha lavorato con me, ovviamente mi ha accompagnato durante tutto questo processo, e la verità è che mi ha anche sostenuto in questo processo.

-Cioè, il Gabinetto della Sanità.

-Molto forte, vero? Il gabinetto sanitario. Il resto del gabinetto, ad eccezione del vice governatore, che ha già espresso solidarietà ed è stato uno di quelli che hanno assistito alla situazione accanto a me quando l’evento finale, precedente alla denuncia, ha continuato a funzionare normalmente e penso che sia avvenuto essere così, funzionerebbe normalmente. Ma non c’era, anzi… Ricordo, ero già sul perimetro che fu fatta una convocazione ai due sindacati di maggioranza per discutere una questione di linee guida salariali, non ricordo se fosse congiunta, e hanno chiamato tutti i ministri. Poi noto: dico, stai attento, non voglio essere testimone di una situazione perché non voglio più vederla, non voglio più vedere questa persona. Poi sono andato e lui era lì. E lì ho fatto valere i miei diritti e ho chiesto che fosse sfrattato da lì, dal Centro Congressi Provinciale. E si sono davvero arrabbiati con me. Ci sono stati dei funzionari che sono venuti a dirmi che non puoi farlo. E quello era davvero, o testimoniare che dopo questa situazione si recavano con lui alla sede del sindacato per eventi o eventi preelettorali. Facendo fuori e tutelando quello che è il rispetto delle istituzioni sindacali, che io rispetto molto le istituzioni sindacali, ma in questo caso chi l’ha guidato aveva esercitato una violenza sistematica. C’erano legislatori che mi chiamavano sottovoce, cioè come legislatori provinciali, giusto? E mi hanno detto che sono solidale in modo personale, più privato, perché abbiamo paura di lui. Inoltre, aveva compiuto sistematicamente violenze all’interno della Camera dei Deputati. E allo stesso tempo, a quel tempo ero un deputato provinciale del Partito Giustizialista e poi questi deputati mi dissero che con loro avevo anche esercitato violenza pubblicamente; ma nessuno in quella zona la fermava o nessuno glielo diceva… nessuno li proteggeva, era come se tutti avessero paura di lei.

– C’è mai stato un tentativo di scuse, un tentativo di perdono da parte di Allende nei tuoi confronti?

-Mai. Anche il giorno del processo in cui ammette i tre reati penali, non si rivolge, se ne va Ingrandisci e si rivolge al giudice dicendogli che ammette di aver commesso questo atto di violenza. Ma, non personalmente, non c’è mai stato nemmeno un tentativo.

 
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