Esercizi di traduzione, di Dora Andara

Ludwig Pineda (1957-2024) è stato un attore della Compagnia teatrale nazionale con una carriera durata più di quattro decenni.
Per Ludwig Pineda, in memoria
Un negozio fatto di giorno
una grande coperta di tessuto
Ruben Dario

Sembrava decifrare i dettami della pelle nella chiave vitale che la costituisce: il permeabile. Dalla poltrona e anche al riparo dell’abbraccio in cui un tempo ci riconoscevamo amanti della scena, potevo percepire che in lui il respiro e il sudore erano sensi frequentemente interpellati: aveva il dono di abitare. Attore e insegnante in diversi teatri, Ludwig ci ha accolto nello spazio unico che ha creato in tutti: quel magazzino corpo-voce dove vedere e sognare si vestivano come sinonimi nella grammatica dell’immaginazione. Sotto la pelle di tanta magia si intuiva la fatica sostenuta nel tempo, la disciplina e, più qui, la dedizione alata.

Quindi sulla scena come in altre fiction: la vita fuori dalla stanza. Una notte, dopo gli applausi che ricevemmo entrambi come spettatori, e quando tutti se ne furono andati insieme, l’universo si ridusse ad una città desolata; come una grazia, la mano di Ludwig – appartenuta un tempo a pazzi, re, ciarlatani e innumerevoli personaggi – prese il mio magro mazzo di palmi e dita con una cura fatta di sfumature mentre mi conduceva per le strade di Caracas: il mondo divenne poi riprese la sua originalità. In silenzio e con le lettere del tocco, il maestro che era mi aveva insegnato come la verità della scena – quando si verifica – può funzionare nei giorni di un essere umano, come può renderlo madre; Ho avuto allora la conferma che, sia in teatro che nei giorni e nelle notti, è il gesto ad essere definitivo.

Mai più.

Solo Poe poteva spostare i confini della vita. Oltre l’abisso di una fine, ci aggrappiamo alla parola che contiene. E, proprio qui, si erge una piccola fiamma non richiesta: Traduzione.

Ciò che mi aiuta adesso è quella voce del latino medievale ancora presente con il suo sussurro nei transiti, nel lavoro di muoversi tra mondi e lingue. Di qui potremmo dire che il nostro senso più venerabile si avvicina alla carne traslante. Un giorno riceveremo un suono e la parola uscirà dalle nostre labbra umide sole; ci mostrerà i suoi raggi anche nella notte: opera del traduzione. Viaggiando dalle grinfie ancestrali, il desiderio inaugurerà le nostre dita e lo sarà traduzione fino a giungere al linguaggio meta del tratto, del gesto, delle corde vibranti; A quel punto avremo dimenticato il viaggio, ma saremo sentieri. Percorsi di traduzione della carne si prestano ai sentimenti di sé stessi o dell’altro, una dicotomia con cui Paul Celan si confronterà: “Quando sono più me stesso è quando sono più te”.

Propongo qui due esercizi traduzionesolo finte per proteggere la vita presente nel dolore, non offro di più, ma nemmeno di meno: non vorrei aumentare beni di altro genere per l’oblio.

Ehi
Dal fiume

Questo primo esercizio cerca di tradurre l’ascolto che sono stato per un’anima devastata dalla partenza del maestro, del compagno, dell’amico; comos e come cercano di risiedere in un tempo acquoso. Che sia un omaggio al meritato mare di Ludwig.

Com’è stato incontrarci? Com’è stato ascoltarsi a vicenda? Com’è stato imparare da voi, com’era giocare, com’era ballare, vincere in casa, com’era? inventare, com’era mangiare dolci il giorno del mio compleanno, com’era cantare insieme, com’era amarsi, come far scorrere un fiume, com’era lamentarsi, come mi sento ferito , come mi sento toccato, come mi ricompongo, come mi sento rifugio come mi sveglio come ora consegno la pietra portata dal fiume Como Fue.

II
Venire

Questo secondo esercizio è un tentativo di lasciare un’offerta dal mio posto al grande attore ed essere umano. L’arrivo dell’altro sia una ricompensa per la partenza.

Vengo dai silenzi ardui.
E per te vorrei un fiore, inarrestabile.
Per i tuoi cari, gli alti fuochi della notte
Ogni giorno, il nettare dei suoi angoli. Per te
tutto ciò che dice nella musica e nei profumi.

Vengo da poca fortuna.
E a te offro per primo quel gioco,
la bolondrona vinceva rotolando
sui pavimenti dei miei sogni.
Una scommessa senza aspettare.

Vengo da un pianeta perduto.
E per te vorrei la terra viva
e aperto. Quanto indossi e ti togli le scarpe?
con un gesto aggraziato e pieno. Foglie
portato dalle formiche.

Vengo da fratture.
E per te vorrei un cielo,
l’uccello stampato all’orizzonte
sul mare, senza colla.
Tra la pioggia, tutta l’acqua.

Vengo da sconfitte immense:
le tristi porte chiuse,
alcune sbarre speronate in faccia
di amanti rimossi dalla scena.
Ti offro i miei favori
………………………………………………..Supplicanti.
Vengo dai grandi tesori,
Vengo dalla fortuna più desiderabile,
Vengo dalle più grandi scoperte,
Vengo dal contrasto senza pari né richiesta:
Vengo dal tuo negozio unico:
…………………volo, sogno e amore
Per te, vengo dai sedili.

Educatore venezuelano (Caracas, 1952). Insegnante, professore universitario e traduttore. Ha completato studi di master e dottorato presso la Columbia University e presso il Bank Street College of Education di New York (Stati Uniti). Ha tenuto laboratori di creazione letteraria con Rafael Cadenas, Cecilia Ortiz e Armando Rojas Guardia, tra gli altri. Possiede diverse raccolte di poesie, ancora inedite. Ha pubblicato su giornali e riviste del suo paese.
Ritratto: Nicasio Duno

Dora Andara

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