Lionel Messi e il colpo che avrebbe potuto segnare la storia del calcio argentino

Lionel Messi e il colpo che avrebbe potuto segnare la storia del calcio argentino
Lionel Messi e il colpo che avrebbe potuto segnare la storia del calcio argentino

Il lavoro analizza l’influenza di Messi a livello sociale e culturale (Dale Zanine-USA TODAY Sports)

Lionel Messi è l’asse centrale del recente libro Messi: 10 visualizzazioni su 10, un volume che analizza la carriera dell’importante calciatore argentino attraverso gli occhi di diversi autori. L’opera, pubblicata dall’editore Tendenzeriunisce le osservazioni di dieci personalità influenti nel campo dello sport e della letteratura.

Il libro presenta un viaggio dall’inizio del Messi In grani del rosariola sua città natale, attraversando il suo tempo FC Barcelonail suo passaggio attraverso PSGfino alla consacrazione ai Mondiali del Qatar. Questo approccio fornisce una visione multidimensionale sulla carriera di Messi e il suo impatto sia in ambito sportivo che simbolico.

Tra gli autori ci sono Fernando Williams, Giovanni Viva E Claudio Garnicache esplorano diversi aspetti della vita di Messi. Per esempio, Ruben Costa E Diego Murzi affrontare l’influenza di Messi a livello sociale e culturale, mentre Sergio Levinskij E Pablo Brescia Analizzano la sua figura dal punto di vista letterario e mediatico.

L'attaccante argentino Lionel Messi (10) avanza con la palla nella partita contro il Canada nel Gruppo A della Copa América (AP Photo/Mike Stewart)
L’attaccante argentino Lionel Messi (10) avanza con la palla nella partita contro il Canada nel Gruppo A della Copa América (AP Photo/Mike Stewart)

Infobae Cultura condivide un frammento di “La megastar che ha realizzato un cambiamento controculturale nella nazionale argentina”, il pezzo di Sergio Levinskij in quel libro.

A pochi potrebbe interessare il fatto che il 17 agosto 2005 la squadra argentina abbia battuto la controparte ungherese 2-1 in un’amichevole a Budapest con gol di Maximiliano Rodríguez e Gabriel Heinze. Sembra che gli impegni si confondano nel tempo, al punto che i poteri ufficiali di maggiore importanza si sovrappongono. C’è stato però un fatto, racchiuso in un evento, che avrebbe potuto segnare il calcio argentino del XXI secolo, e che oggi può essere raccontato come un curioso aneddoto. E perché ciò accada, niente meno che Lionel Messi ha contribuito con il suo carattere e la sua irrefrenabile decisione.

Nel tentativo di dargli spazio nella nazionale maggiore argentina, José Néstor Pekerman si è dedicato molto ad osservare le prestazioni dei giovani calciatori, con i quali aveva vinto tre Mondiali Under 20, nel 1995 in Qatar, nel 1997 in Malesia e nel 2001 in Argentina, ma che poco più di un anno prima del Mondiale di Germania del 2006 si era assunto la responsabilità di sostituire Marcelo Bielsa – che sosteneva di essere a corto di “energia” dopo poco più di sei anni e con la classifica in pista – ha deciso di dare una possibilità a Messi dopo la sua superba prestazione in Olanda. Nel Mondiale Under 20 di quell’anno, terminato un mese e mezzo prima, esattamente il 2 luglio, la promessa internazionale della Nazionale vinse il titolo di campione del mondo con il premio di squadra e giocatore del torneo.

Messi, ragazzo, al Barcellona. (Barcellona FC)
Messi, ragazzo, al Barcellona. (Barcellona FC)

E non solo questo. Prima della finale contro la Nigeria di Obi Mikel a Utrecht, era stato firmato il rinnovo contrattuale con il Barcelona Football Club, i cui dirigenti erano venuti a garantire che il giovane fuoriclasse firmasse con una clausola rescissoria che a diciotto anni era pari a quella di un compagno di squadra consacrato come il brasiliano Ronaldinho, in ben centottanta milioni di euro. Al di là del fatto che il suo allenatore in quella Coppa del Mondo Under 20, Francisco “Pancho” Ferraro, aveva deciso di non farlo partire titolare all’esordio nella fase a gironi contro gli Stati Uniti – né lo stesso Gustavo Oberman, quando si vide in campo come membro della squadra iniziale ha potuto evitare la sorpresa – e che dopo aver vinto il titolo ha dichiarato nella conferenza stampa dopo la finale che se avesse dovuto mettere in risalto un giocatore della squadra si sarebbe rivolto all’allora centrocampista Pablo Zabaleta, temi con i quali la stella del Barcellona dovrà confrontarsi culturalmente per molti anni, era evidente che gli occhi di molti tifosi e la lente d’ingrandimento di gran parte del giornalismo fossero puntati su Messi.

Era un giovane che non si era mai visto nelle competizioni nazionali perché era emigrato in Catalogna quando aveva solo dodici anni. Eppure sì Messi Ha potuto compiere in Olanda un viaggio brillante che meritava una telefonata e il primo contatto con il grande idolo argentino, Diego Maradona, è avvenuto soprattutto perché dopo la sconfitta all’esordio contro gli Stati Uniti Ferraro aveva ricevuto un’altra chiamata, ma molto meno. lusinghiero. È stato il presidente dell’AFA, Julio Grondona, a dargli un ultimatum: o il ragazzo del Barcellona giocava il Mondiale Under 20 oppure il tecnico tornava in Argentina.

Con l’aspettativa di vederlo in azione, anche se in una partita senza significato specifico, Messi è poi entrato contro l’Ungheria dalla panchina delle riserve al diciotto minuto della ripresa, con il numero 18 sulle spalle per sostituire il marcatore Lisandro López. Erano passati poco più di trenta secondi quando ha ricevuto la palla, voleva affrontare il suo marcatore, Vilmos Vanczák, che gli ha infilato brutalmente la maglietta. Il giovane argentino lo scrollò di dosso con uno schiaffo che gli sfiorò il volto. Il difensore di casa si tenne il volto. L’arbitro tedesco, Markus Merck, si è lasciato trasportare da questa immagine e ha espulso direttamente l’argentino.

“Messi 10 visualizzazioni su 10”, un libro per capire e appassionarsi.

Erano trascorsi solo quarantacinque secondi dal suo ingresso, con tutto l’entusiasmo che poteva stare non solo in lui ma in tanti follower che pensavano di essere al cospetto di un giocatore diverso, venuto a generare luce in tempi complicati, con scarse risultati per l’albiceleste. In mezzo a tanta delusione, nel corso degli anni, Messi ha confessato che, dopo quello che è successo, pensava che l’allenatore non lo avrebbe mai più convocato in Nazionale. La cosa curiosa è che nelle immagini della situazione si vede che uno dei compagni di squadra che litigò più vigorosamente con l’arbitro Merck fu un certo Lionel Scaloni. Anni dopo si incontrarono di nuovo in un contesto diverso e con un esito infinitamente migliore.

La storia di Lionel Messi nella nazionale argentina è, vista in retrospettiva, quella del trionfo del talento, della volontà, della perseveranza, della resilienza per superare non solo ogni tipo di critica, molte delle quali basate su pregiudizi. Ad esempio, “lasciare” i partiti quando ti sembravano sfavorevoli, non interessarti del tuo Paese perché vivi all’estero, preferire il denaro alla maglietta, voler sempre imporre la tua volontà possedendo presumibilmente il “potere” assoluto quando già lo possedevi una stella affermata e, naturalmente, c’erano delle condizioni in cui si presentava il paragone con Diego Armando Maradona, al quale qualche stampa arrivò fino a fingere di chiedere il permesso di lodarlo, affinché non avesse l’impressione che fosse comparso qualcuno che potesse paragonarlo lui.

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È, in fondo, la storia di un vincitore controculturale perché ha ottenuto i suoi maggiori consensi quando sembrava più depresso per la mancanza di risultati, per essere arrivato al vertice senza aver nemmeno giocato una stagione nel calcio del suo Paese, per essere stato contrastato , nel suo gioco e anche nella sua vita, con un semidio, e perché ha finito per essere sostenuto da una generazione giovane in un Paese in cui l’esperienza pesa quando si tratta delle imposizioni e delle decisioni del sistema.

La verità è che questo ragazzino dai capelli lisci, di pochissime parole e con lo sguardo basso, di cui molti giornalisti argentini non conoscevano nemmeno il nome completo e hanno voluto avviare un dialogo a Budapest per conoscerlo un po’ meglio , stava crescendo tantissimo nel suo club, nel Barcellona, ​​che aveva vinto il titolo battendo senza sudare il francese Ludovic Giuly. La sua prestazione è stata fondamentale, con il suo talento e la sua velocità, affinché la sua squadra raggiungesse la finale e vincesse la seconda Champions League al termine della stagione 2005-2006 con l’olandese Frank Rikjaard come allenatore. Questo, nonostante il gravissimo infortunio rimediato allo Stamford Bridge contro il Chelsea di José Mourinho agli ottavi che lo ha fatto uscire in lacrime incontenibili e fargli saltare la finale di Parigi contro l’Arsenal.

 
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