Molina, alle porte del paradiso

lasso 24 Ore di Le Mans È una gara che di solito non fa prigionieri, ma a volte Miguel Molina, Antonio Fuoco e Nicklas Nielsen -i tre moschettieri del Ferrari#50– Glielo dovevo. L’anno scorso erano la macchina migliore in gara e sono stati crudelmente privati ​​della loro ricompensa: una pietra è rimasta incastrata nel radiatore dell’ERS del favoloso prototipo ibrido, ora due volte campione, lasciandolo inutilizzabile. Qualcosa di simile è accaduto all’umore degli italiani, degli spagnoli e dei danesi. Avevano una spina nel fianco e volevano toglierla. Ma questo a Le Mans non è mai facile, perché la gara potrebbe non offrirti questa opzione.

E, in effetti, sembrava che il destino avesse preparato loro un altro scherzo quando la porta del numero 50 si aprì in pista non appena Nicklas Nielsen è salito sull’ultima staffetta… quando era un leader. Il più giovane del tridente italiano, che ha percorso tutte le tappe che la Ferrari propone nelle competizioni, dalle gare clienti al favoloso programma corse. Hypercarha dovuto affrontare a situazione critica: due ore con piovere garantito, solo una manciata di secondi (27) avanti Toyota #7, arrivata come un fulmine, e poco altro sulla vettura gemella (quella che già gli aveva ‘sollevato’ la vittoria nel 2023), sull’impossibilità di sbagliare o sugli otto lupi che erano dietro di loro in meno di 36 secondi pronti a mangiarseli. E, in tutto questo, accade l’inimmaginabile: la porta di destra si apre, come una mossa del destino, che vuole mostrarti le porte dell’inferno sportivo vero e proprio.

Tentativi di chiuderlo

Nielsen Cercò di allungare la mano e chiuderla, ma era impossibile. (le opzioni per spostarsi tra l’HANS e i nastri sono pari a zero) e il direttore di gara lo ha costretto a rientrare ai box quando non era necessario risolvere il problema. Ma si trattava solo di uscire da uno per entrare in un altro perché mancava un’ora e tre quarti… e sembrava difficile salvare la situazione solo con ancora una fermata (la Ferrari si fermava ogni 12-13 giri). Dall’esterno tutto sembrava perduto perché pioveva ancora e abbiamo dovuto correre per tenere lontana la Toyota n.7 (Pecito Lopez ha fatto la sua parte con un paio di errori di guida) ma, allo stesso tempo risparmiare carburante.

Risparmia più che puoi

“Nella scatola lo vedemmo presto, risparmiare energia“Potremmo salvarci con un’altra sosta”, ha spiegato poi Molina. Un dettaglio che, se fosse stato pubblico, avrebbe giovato alla salute cardiaca dei tifosi spagnoli, che sognavano la vittoria già da mezzogiorno (a tre ore dalla fine c’era Palou). leader e Molina secondo, ciascuno con una strategia diversa), ma notarono che sarebbero scappati se il #50 avesse avuto bisogno di un’ultima ‘spruzzata’ di benzina. Ne scoprì anche un’altra che avrebbe avuto l’effetto opposto – mettendo la paura nel corpo -. di. aver saputo prima di iniziare: “Nella pre-grill Abbiamo dovuto cambiare il sensore dell’acceleratore. Non sapevamo se avrebbe funzionato oppure no. Ma sembra che sia stato il nostro portafortuna.” A Le Mans c’è sempre bisogno di fortuna, ma anche di resistenza e, come ha detto il nove volte vincitore di Le Mans, Tom Kristensen, nelle trasmissioni televisive, “non bisogna cedere alle pressioni”. Ed è quello che hanno fatto Molina e i suoi due compagni durante le 22 ore in cui le porte della Ferrari sono rimaste ben chiuse: stringendo i denti, affrontando i momenti brutti (la notte è stata durissima per la vettura italiana, che soffre le basse temperature dell’asfalto) e tieni duro la gara.

In lacrime

Nel poco tempo che ha condiviso con la stampa spagnola, con gli allori sulle spalle e il sudore mimetizzato dall’aroma dello champagne, finirono per apparire le lacrime, come prima faceva la pioggia sull’asfalto. Lacrime di una vita lottando per ricambiare la grande opportunità che la Ferrari gli ha offerto (prima che riuscisse a sbloccare il raggiungimento di vittorie nel prestigioso DTM tedesco per il nostro Paese). Ecco perché si è aggrappato al trofeo del vincitore e, ancor di più, al mitico Rolex Daytona che solo chi conquista l’Everest dei motori può indossare.

Quando avrai più tempo per accettarlo, te ne renderai conto Adesso mangia alla tavola di Marc Gené e Fernando Alonso, gli unici due spagnoli ad esserci riusciti prima di lui (due volte l’asturiano). Ed è ancora più speciale per averlo raggiunto con Ferrariil marchio iconico del motorsport mondiale, che Prima di vincere i titoli di F1, aveva già disputato diversi campionati del mondo di endurance. E in una delle edizioni più epiche che si ricordi: con 23 Hypercar (candidate, almeno la metà, alla vittoria), quattro marchi con opzioni lottando a tutto tondo fino alla fine (oltre alla Ferrari, che ha messo sul podio anche la #51 , Toyota -seconda con #7-, Porscheche pur avendo sei vetture in corsa si è dovuto accontentare del quarto posto e Cadillacche ha sfiorato la gloria con l’auto Alex Palù fino all’ultimo relè). La porta non mostrava l’inferno, ma il paradiso di Le Mans.

 
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