La geometria emozionale di María Aranguren arriva alla Fondazione Bancaja

La geometria emozionale di María Aranguren arriva alla Fondazione Bancaja
La geometria emozionale di María Aranguren arriva alla Fondazione Bancaja

VALENCIA. Quando l’artista Maria Aranguren Sul tavolo è stata messa la possibilità di realizzare una mostra presso la Fondazione Bancaja, è stata una delle richieste che ha rivolto al presidente dell’istituzione, Raffaello Alcon: “Ho chiesto tempo”. La richiesta non era banale, poiché aveva tra le mani un progetto ambizioso che la costringeva a rivedere il proprio lavoro e il proprio processo creativo da una prospettiva serena. “In un momento della vita in cui stiamo tutti impazzendo, ho avuto tempo. Fare questa tappa è stato davvero interessante, anche per conoscere meglio il mio lavoro e il modo in cui mi riferisco ai pattern”, ha riflettuto l’artista durante la presentazione della mostra, che sarà visibile al centro culturale fino al prossimo ottobre.

Questo momento di riflessione, quindi, è stato fondamentale per dare forma Genesi, un progetto che offre uno sguardo sugli ultimi vent’anni di produzione dell’artista con una selezione di opere che comprende anche pezzi di nuova creazione, proponendo un viaggio attraverso quello “spirito inquieto alla continua ricerca di nuovi percorsi”, come riflette Alcón, che caratterizza l’artista. A cura di Gertrud Gomezla mostra è composta da cinquanta opere, che vanno dal 2002 al 2024, che rivelano il particolare rapporto dell’artista con il processo creativo, con la sperimentazione e con il gioco, un gioco che prende molto sul serio, ha osservato, e che l’ha guidata per trovare soluzioni innovative.

Lo ha fatto, sì, partendo da un punto di partenza che rimanda ai processi più classici. “Genesi “È sempre stato concepito come un processo creativo, nel quale abbiamo voluto rendere omaggio alla ‘pittura-pittura’”, ha sottolineato il curatore, che ha definito Aranguren un pittore “classico”. Almeno in certi aspetti del suo approccio all’opera d’arte. Ed è proprio quel ritorno alle origini, quello sguardo ai fondamenti della sua produzione artistica che segna questo progetto espositivo, che vuole essere una rivisitazione del suo lavoro, ma non come una retrospettiva da utilizzare, ma come un modo di comprendere il suo presente e quegli elementi che identificano e compongono il racconto del suo percorso nel tempo.

“Quando vuoi iniziare nuovi progetti ritorni sempre a te stesso, al tuo nido. Inevitabilmente devo sempre tornare a quelle strutture e alla mia base, che è colore e composizione”, riflette l’artista. Con un’espressione artistica in cui l’emotivo passa attraverso il filtro della geometria, il percorso mostra un universo creativo formalmente segnato da un uso austero ma “fermo” del colore, nonché dai limiti tra astrazione e figurazione.

La selezione dei pezzi riflette la capacità di María Aranguren di sperimentare materiali come il cartone telato o il cartone, con l’uso del policarbonato cellulare che ha acquisito particolare importanza dal 2008. Questo materiale industriale consente all’artista di distribuire un nuovo significato alla sua pittura a partire da un supporto leggero formato dall’unione di due strati di plastica che creano strutture cave all’interno delle quali Aranguren interviene con diversi materiali e tecniche, linee che utilizza come espressione artistica. Aranguren lancia però una seconda richiesta, in questo caso al futuro visitatore della mostra, e cioè di visitarla con le “orecchie aperte” e lasciatevi trasportare da quei pezzi che formano un puzzle chiamato Genesi.

 
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