L’inciampo cui è andata incontro la Meloni dopo una settimana di successi

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L’inciampo cui è andata incontro la Meloni dopo una settimana di successi

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PARIGI.– I successi in patria sono una cosa, un’altra nel resto del mondo. Questo è il messaggio che probabilmente Giorgia Meloni ha ricevuto ieri sera a Bruxelles durante la cena informale con i suoi partner europei dove, determinata a ottenere diversi “posti di lavoro” per il suo Paese nella futura Commissione Europea (CE), è stata duramente messa al suo posto da molti dei suoi coetanei.

“È chiaro che nel nuovo Parlamento europeo Non dovrebbe esserci alcun sostegno per il futuro presidente della Commissione da parte dei partiti populisti di estrema destra e di destra.“, ha dichiarato il cancelliere tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz.

Un avvertimento durissimo confermato dal collega Donald Tuskprimo ministro polacco e negoziatore delle posizioni del partito conservatore popolare europeo (PPE) che, senza indossare guanti, Ha ricordato al premier italiano che conservatori, socialdemocratici e liberali hanno numeri sufficienti decidere senza il sostegno dei voti meloniani.

Meloni con altri leader durante il vertice informaleGeert Vanden Wijngaert – AP

Lasciato apertamente da parte sul tavolo, La Meloni ha lanciato il suo atteso contrattacco: ha deciso di non sostenere la candidatura di Ursula von der Leyen – nonostante la mezza promessa fatta giorni prima – per la carica di presidente della Commissione, sostenendo che il suo governo “non accetta accordi preconfezionati. Ne parleremo tra dieci giorni”, ha detto riferendosi al Consiglio europeo che dovrà decidere in via definitiva i nomi di coloro che occuperanno i futuri “posti di vertice” dell’Unione europea.

Anzi, Giorgia La Meloni cerca di prendere tempo per vedere quale forza avranno i due gruppi di estrema destra che esisteranno nel futuro Parlamento.: Identità e Democrazia (ID), composto da deputati di sette paesi e comprendente l’Assemblea Nazionale (RN) di Marine Le Pen o la Lega Italiana di Matteo Salvini. E i Conservatori e Riformisti europei (CRE) che comprendono, tra gli altri, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Il gruppo di Meloni ha ottenuto 76 seggi, che potrebbero aumentare se alcuni dei 90 “non iscritti” decidessero di aderire alla CRE. Ma nessuno di loro riuscirà a controbilanciare i 190 deputati – su un totale di 720, cioè il 26% della Camera – del Ppe, una cifra superiore a quella ottenuta nel 2019.

L’arrivo al vertice di Donald Tusk, uno di quelli che hanno tenuto duro con la MeloniVirginia Mayo – AP

Le trattative sul nome di Von der Leyen hanno creato disordini anche all’interno della CRE. I polacchi del PiS e gli spagnoli di Vox non vedono di buon occhio un “bis” della Von der Leyen, mentre la Meloni si era espressa a favore, sperando di ottenere in cambio qualche posto nella futura Commissione. Alcune speranze che ieri sera sembravano svanire, aggiungendo insofferenza nei loro alleati del gruppo.

“La cena dei leader europei di ieri sera è già conclusa un doppio fallimento di Giorgia Meloni relegato, addirittura gettato nel calderone dell’impresentabile», scriveva martedì il giornale La Repubblica.

Come ha affermato Tusk, conservatori, socialisti e liberali possono annullare il proprio voto per eleggere i principali funzionari europei: “E né i socialisti né i conservatori vogliono fare patti con il premier italiano”, continua il quotidiano italiano.

Nel frattempo, il primo ministro ungherese Viktor Orban si sforza di unire tutta l’estrema destra europea in un unico gruppo. Compito difficile a causa delle profondità a cui si confrontano. Ad esempio, “sì o no” all’Europa, agli aiuti all’Ucraina o al riavvicinamento alla Russia. Come conciliare le posizioni atlantiste della Meloni con le simpatie putiniane di Marine Le Pen, aggiungendo gli estremisti spagnoli di Vox, i reazionari polacchi del PiS e, magari, la Lega di Salvini? Questo toglierebbe sicuramente ancora più spazio politico alla Meloni all’interno della scena europea nel momento delle grandi manovre.

Per La RepubblicaLa presidente del Consiglio italiano si trova ora a un bivio: ritirarsi completamente dai negoziati, tornando così nelle braccia del sovranismo più radicale, oppure accettare la situazione e mettere a disposizione i propri voti “gratuitamente” per non essere esclusi dal “grande consiglio” dell’Europa al momento della grandi manovre.”

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