Erri de Luca espone le regole del mondo moderno

Erri de Luca espone le regole del mondo moderno
Erri de Luca espone le regole del mondo moderno

“Le regole del Mikado”, a cura di Erri De Luca ★★★★

Erri de Luca: quando le bacchette possono predire il futuro

Lo scrittore affronta il mondo attuale attraverso l’incontro tra un vecchio e una zingara in una storia a sfondo politico

Erri De Luca (Napoli, 1950) è uno scrittore dal carattere unico; Autodidatta, impiegato in mille mestieri, impegnato socialmente a favore dei più disagiati, critico verso ogni snobismo estetico, quasi quarantenne pubblica il suo primo romanzo, “Non ora, non qui” (1989), in cui, evocando la sua infanzia napoletana , ha mostrato e ai tratti caratteristici della sua narrativa successiva: realismo impeccabile dei costumi, difesa persistente della libertà e della giustizia, chiara consapevolezza dell’assurda vita quotidiana e del caso imprevedibile in tutto lo sviluppo umano. Il suo recente romanzo, “Le regole del Mikado”, raccoglie questi riferimenti attraverso l’incontro tra due personaggi singolari: un’adolescente zingara scappata di casa in fuga da un matrimonio combinato programmato, e un anziano orologiaio appassionato di quel gioco, il mikado, dove le bacchette interpretano la realtà e predicono il futuro; Eccoli come pretesto per questi esseri, che si scambiano esperienze, ricordano aneddoti e affermano convinzioni, per mostrare le loro differenze generazionali e il loro punto di vista su tutto ciò che li circonda.

Lettere e documenti

La prima parte del romanzo costituisce un agile dialogo tra i due, mentre nella seconda la ragazza è diventata adulta e ricorda, con lettere e documenti, quell’incontro, che l’ha fatta maturare e trovare il suo posto nel mondo. Questa storia si tinge di malinconia, affrontando l’intensità dei sentimenti contro il devastante scorrere del tempo: «Ti innamori di una ragazza e la ritrovi molti anni dopo. Tu la riconosci, lei no. Sei cambiato, ti sono caduti i capelli, hai il viso infossato, sì, ma i tuoi occhi: possibile che non riconosca gli occhi che l’adoravano? E non passano inosservate le parole che sfidano il nostro presente: «La guerra annienta, divora e, una volta scoppiata, non ha bisogno di alcuna causa». Questo è un romanzo che combina in modo esemplare la trama narrativa con la difesa saggistica della tolleranza sociale, della libertà di pensiero e della fiducia nel futuro.

Il migliore: Il ritratto dei protagonisti attraverso il loro dialogo agile ed ampio

Peggio: Niente di degno di nota qui, essendo un romanzo di conformazione e struttura originale.

Di GESÙ FERRER

“La Sacra Compagnia”, di Lorenzo G. Acebedo ★★★

Fai attenzione al botafumeiro della Cattedrale di Santiago

Il detective Gonzalo de Berceo, il personaggio di Lorenzo G. Acebedo (che è uno pseudonimo), ritorna in un intrigo degno del suo lavoro precedente

Chi scrive questo è affascinato dai misteri. Quella di queste pagine inizia con l’identità del proprio autore, che già ci ha piacevolmente sorpreso con il suo primo romanzo, “La taverna de Silos”. Non sappiamo chi sia, ma sappiamo che abbandonò gli studi teologici per la vita monastica, e questa, a sua volta, per amore di una donna. Sarà vero? Perché usi un anagramma del nome di Gonzalo de Berceo? Potrebbe essere una donna? O magari da un gruppo di autori come nel caso di Carmen Mola? Mi permetto di pensare che sia un uomo a causa della maestria e dell’architettura della sua narrativa. Se diamo il via al lavoro, che è la cosa bella, scopriamo che il sacerdote Gonzalo de Berceo arriva a Santiago de Compostela per celebrare il giubileo, ma soprattutto perché vuole scoprire una nuova varietà di uva, la Mencía , con la quale un amico fa un vino nuovo.

La cattedrale è ancora in costruzione, ma il colorato Portico della Gloria è stato completato e puoi assistere alla magia del botafumeiro che oscilla da un lato all’altro del transetto dell’edificio. La devozione, la musica ed i vapori che emanano dal manufatto accelerato generano una situazione di misticismo collettivo che provoca nei pellegrini comportamenti erranti. Così, un arcidiacono inizia un canto e avanza verso lo spazio riservato all’enorme turibolo per riceverlo a braccia aperte… per esserne distrutto, come non potrebbe essere altrimenti.

Apparenze

Gonzalo de Berceo inizia così un’indagine per cercare di capire cosa sia successo nella cattedrale di Santiago e scopre che non è stato il primo, né sarà l’ultimo, dei numerosi atti inspiegabili che stanno accadendo, come l’apparizione del la temuta Santa Compaña (processione di anime del purgatorio tipica della Galizia), che sta mietendo la vita a diversi chierici. È una storia frenetica dove suspense e umorismo si intrecciano molto bene con il terrore e la saggezza storica, presentando le sembianze di un giovane poeta: il futuro re Alfonso X il Saggio. Essenziale.

Il migliore: Sfide di logica, messaggi in codice… il testo è pieno di sfide per il lettore

Peggio: Che al lettore resta l’ansia di sapere se ci sarà o meno una prossima avventura del chierico detective.

Di Angeles LOPEZ

“Stazione di Damasco”, David McCloskey ★★★

Un thriller su Al-Assad che sa poco

David McCloskey costruisce un’opera d’azione ambientata nella guerra siriana e sotto la minaccia delle armi biologiche

Il terrorista islamico è diventato la nuova nemesi del romanzo di spionaggio post-comunista. Iniziato da Eric Ambler in “Blackmail in the East” (1972) e modernizzato da Terry Hayes in “I Am Pilgrim” (2014). Un modello seguito dagli ex agenti segreti della Cia presenti nelle ambasciate del Medio Oriente. Se in “L’anno della locusta”, Terry Hayes ritorna alle avventure dell’agente della CIA che opera nella zona ad accesso limitato che unisce i confini di Pakistan, Iran e Afghanistan, combattendo contro un mostruoso terrorista che vuole conquistare il mondo per sua completa estinzione, nel film d’esordio di David McCloskey, “Damasco Station”, si concentra sul conflitto civile siriano e sulla guerra batteriologica con il gas Sarin.

Beni e talpe

Entrambi gli scrittori seguono un modello di intrigo internazionale abbastanza simile: assoluta preminenza dell’agente della CIA in una zona nemica, le sue tattiche mimetiche e sopravvivenza in un paese il cui nemico è un fanatico jihadista dotato di una crudeltà assolutamente suprema. Si differenziano per stile e tattica. David McCloskey era un ex analista della CIA che riferiva agli alti funzionari della Casa Bianca. Motivo per cui “Stazione di Damasco” è una storia eccessivamente legata alla tattica di reclutamento di beni per trasformarli in talpe negli ambienti del dittatore Bashar al-Assad.

Gran parte del romanzo ha un tono discorsivo, incentrato sull’insegnamento di infinite tattiche di sorveglianza e di rilevamento e su una storia d’amore proibita tra l’agente siriano e la spia della CIA. “Stazione di Damasco” è come un’auto sequestrata, che si muove a singhiozzo, che ritarda l’azione e avanza con intensi momenti di suspense, ma si ferma. C’è molta paglia e forse manca una trama coerente che articoli la storia e raggiunga la tensione del grande romanzo di spionaggio che promette. Solo alla fine l’azione prende il sopravvento e scuote il lettore che cerca un thriller d’azione dal ritmo incalzante.

Il migliore: I malvagi siriani del servizio di controspionaggio e le torture descritte

Peggio: Dedicare la maggior parte del romanzo alla spiegazione delle tattiche di reclutamento e sorveglianza

Di Lluis FERNÁNDEZ

“I parenti poveri” Raffaele Gumucio ★★★★

Tra una relazione incestuosa e un gruppo WhatsApp arrabbiato

Rafael Gumucio racconta la storia di una tipica famiglia cilena, con i suoi talenti e le sue miserie, guidata da un vecchio artista

La famiglia, la famiglia cilena, anzi, come ogni famiglia, costituisce uno dei pilastri della società. Ciò significa anche che per molti scrittori è l’ambientazione preferita quella di collocare una storia familiare al centro di una storia sociale e, se possibile, anche al centro della storia di un paese. Lo scrittore cileno Rafael Gumucio (Santiago del Cile, 1970) l’ha sempre inteso così e questa è stata, in qualche modo, la matrice del suo lavoro, un lavoro che si compone di molti romanzi e in cui le storie familiari sono sempre state presente in primo piano, legato, nella maggior parte dei casi, alla storia di quel Paese a cui Gumucio si avvicina con un tono beffardo, con un umorismo tanto scomodo quanto corrosivo.

È il caso del suo nuovo romanzo, “I parenti poveri”, in cui l’autore di “Ricordi prematuri” e “Mia nonna” si intromette in una tipica famiglia cilena, ricca e mezzo hippie, composta da undici fratelli e guidata da da un padre che un tempo fu un notevole scultore ma al quale gli anni hanno fatto perdere la testa. E poi ci sono i suoi figli, riuniti in una conversazione WhatsApp, che pensano a cosa fare con il patriarca, soprattutto ora che si è innamorato e ha rapporti sessuali con la sorella.

Confusione

Con un orecchio potente per registrare i vari modi di parlare dei fratelli e mimetizzarsi dietro di loro, Gumucio penetra la psicologia dei personaggi e gioca con loro, in un dialogo sonoro in cui tutti si interrompono a vicenda senza che Gumucio li nomini e senza che ciò possa portare alla confusione. “I parenti poveri” diventa così un affresco ironico, ma profondamente scomodo, di una tipica famiglia cilena. Un romanzo che può essere letto come una tragedia incestuosa o anche come una commedia, che ride, senza speranza, ad alta voce.

Il migliore: L’udito assoluto di Gumucio, capace di registrare diverse voci e modi di parlare

Peggio: Niente da mettere in dubbio in questo romanzo in cui la commedia si mescola alla tragedia

Di DIEGO GANDARA

 
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