‘La vita davanti a sé’, di Magalí Etchebarne: Anatomia del dolore

‘La vita davanti a sé’, di Magalí Etchebarne: Anatomia del dolore
‘La vita davanti a sé’, di Magalí Etchebarne: Anatomia del dolore

Con quattro lunghe storie raccolte sotto il titolo “La vita davanti”, Magalí Etchebarne (Buenos Aires, 1983) ha vinto l’ottava edizione del prestigioso Premio Ribera del Duero Short Fiction. Lo scrittore argentino è anche autore di un altro libro di racconti, ‘I giorni migliori’ (2019), e di una raccolta di poesie, ‘Come cucinare un lupo’ (2023).

Una delle virtù di questo volume, forse la più evidente, risiede nel modo in cui Etchebarne è riuscito a riunire le quattro storie che raccontano un dolore quotidianoutile, calmante e ispessinte Non dimentica il suo lato più umano: l’umorismo. Le crepe nere che il dolore apre nei personaggi che popolano queste storie, i conflitti che si sviluppano intorno vecchiaia, lavoro, morte e amore –i quattro punti cardinali del libro– sono colmi della pasta biancastra di un umorismo che non rompe il ghiaccio, ma lo accarezza in una rabbia contenuta qui disegnata sotto forma di libertà. Il titolo vuole dar conto di una doppia lettura, ironica, della realtà.

Il titolo vuole dar conto di una doppia, letta ironica, lettura della realtà.

Il secondo elemento che non deve passare inosservato è il spazi aperti, spostati e come in fuga costante in cui si sviluppano quattro storie che non sembrano inventate e basta Non si tuffano nel lato opprimente, saturo o soffocante della vita. Non sembra esserci più nulla davanti a sé, anzi. Al contrario, sì, è opprimente, saturo e soffocante il tempo interiore in cui i personaggi vivono e convivono, con la valvola salvifica dell’umorismo, che qui può tutto.

Uno per uno

In ‘Le pietre che usano le donne’, la storia ruota attorno all’idea di malattia e invecchiamento, e scandisce il ritmo dell’intero libro sottolineando un ‘leitmotiv’ ricorrente: “La vecchiaia è una guerra”, ma non è l’unica. Anche l’amore, il lavoro, la quotidianità, i piccoli gesti, il mondo degli oggetti, gli sguardi, le cose non dette, i viaggi sono una guerra in questo libro…

In ‘Un amore come il nostro’ viene messo alla prova l’amicizia nel lavoro in un altro spostamento descritto con i toni delle destinazioni che vanno alla ricerca di ciò che non esiste più.

C’è un ‘leitmotiv’ ricorrente: “La vecchiaia è una guerra”, ma non è l’unico

In ‘La stagione delle ceneri’, una storia memorabile, due sorelle rimangono unite nell’ultimo atto significativo: spargere le ceneri di una madre ricordata da allora. una tenerezza oltre la morte: “La tenerezza costa, ma è l’unica cosa che può salvarti; non è amore. L’amore senza tenerezza ti lascia sola, è un regalo che qualcuno ti manda da lontano”, aveva detto la madre a una delle figlie . morto.

E il notevole “Quasi sempre disperato” indica uno dei maggiori contrasti dell’opera: una coppia in viaggio verso il proprio declino molto marcato conoscendo l’inevitabilità a cui si fa appello (“Ora stanno insieme da dieci anni e lui vive inseguito da forze invisibili. Forze che lo disordinano e lo osservano mentre vive. Gli artigli dispettosi dell’imperfezione che graffiano dietro quasi tutto.”)

Lato kafkiano

Ebbene, nonostante tutto, il lato kafkiano più che evidente di questo volume – il dolore è tragicomico; il mondo, arbitrario – è segnato dalle possibilità di una scrittura tanto energica quanto delicatatanto sonoro quanto sottile, focalizzando l’intenzione non sulla conoscenza, ma sul riconoscimento di ciò che ci devasta e che ha “il suo tempo e la sua forza, se non si prolunga si ramifica”.

 
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